Motori di Creazione - L'Era Prossima della Nanotecnologia
di K. Eric Drexler

Parte Seconda: I PROFILI DEL POSSIBILE

Capitolo 8: Longevità in un mondo aperto
Capitolo 9:Una porta sul futuro
Capitolo 10: I limiti dello sviluppo

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Capitolo 8: Longevità in un mondo aperto  

Perché Non Dovrebbero Esistere Macchine di Riparazione Cellulare?
Guarire e Proteggere la Terra
Longevità e Pressione Demografica
Gli Effetti dell'Anticipazione
Progressi nell'Estensione della Vita

La lunga abitudine alla vita ci indispone a morire.
- Sir THOMAS BROWNE

Le macchine di riparazione cellulare sollevano interrogativi sul valore da attribuire al prolungamento della vita umana. Non si tratta di questioni esclusive dell'etica medica odierna, la quale di solito si interessa ai dilemmi posti da trattamenti rari, costosi e solo parzialmente efficaci. Si tratta invece di questioni che riguardano il valore di una vita lunga ed in salute, ottenuta attraverso mezzi tutt'altro che costosi.

Per le persone che attribuiscono un valore alla vita umana e che amano vivere, tali questioni potrebbero non aver bisogno di risposta. Ma dopo una decade segnata da preoccupazioni per la crescita demografica, per l'inquinamento e per l'impoverimento delle risorse, molte persone potrebbero interrogarsi sulla desiderabilità di una estensione della vita; preoccupazioni di questo tipo hanno incoraggiato la diffusione di memi pro-morte. Tali memi vanno esaminati nuovamente, poiché molti di essi hanno radici in una visione del mondo ormai obsoleta. La nanotecnologia modificherà ben più che la semplice aspettativa di durata della vita umana.

Conquisteremo i mezzi per curare non solo noi stessi, ma per curare la Terra stessa dalle ferite che le abbiamo inflitto. Poiché salvare delle vite accrescerà il numero dei vivi, l'estensione della vita solleverà questioni riguardo le conseguenze derivanti da una maggiore presenza di persone. La nostra capacità di curare la Terra sarà invece una minore causa di controversie.

Inoltre, è certo che le stesse macchine di riparazione cellulare fomenteranno controversie. Esse perturbano le assunzioni tradizionali riguardanti i nostri corpi e i nostri futuri: il nostro scetticismo, in conseguenza, si attenua. Le macchine di riparazione cellulare richiederanno svariati importanti passi avanti tecnologici: il nostro scetticismo, in conseguenza, si rafforza. Poiché la possibilità o l'impossibilità di macchine ripara-cellule genera importanti interrogativi, ha senso considerare quali obiezioni potrebbero sollevarsi.

Perché Non Dovrebbero Esistere Macchine di Riparazione Cellulare?  

Quale tipo di argomento potrebbe suggerire che le macchine ripara-cellule sono impossibili? Un argomento di successo deve far fronte ad alcune strane tortuosità. Esso deve in qualche modo sostenere che le macchine molecolari non possono costruire e riparare cellule, e contemporaneamente acconsentire che le macchine molecolari nei nostri corpi riescano a costruire e riparare cellule ogni giorno. Un arduo problema, per gli scettici incalliti! Vero è che le macchine artificiali dovrebbero fare quello che la natura non riesce a compiere, ma questo non vuol dire che abbiano bisogno di qualcosa di qualitativamente nuovo. Sia i dispositivi di riparazione naturali che quelli artificiali devono raggiungere, identificare e ricostruire delle strutture molecolari. Potremmo migliorare gli enzimi riparatori del DNA semplicemente comparando filamenti distinti di DNA, uno alla volta, per cui risulta ovvio che la natura non ha scovato tutti i possibili trucchi. Poiché questo esempio demolisce ogni generica argomentazione riguardante l'ipotesi che le macchine riparatrici non possano migliorare la natura, una buona causa contro le macchine ripara-cellule pare difficile da impostare.

Inoltre, due questioni di carattere generale meritano delle risposte dirette. Anzitutto, nelle decadi a venire dovremmo attenderci di conquistare la longevità anche se molte persone ci hanno provato per millenni ed hanno fallito? Ed ancora, se davvero dobbiamo utilizzare macchine ripara-cellule per estendere le nostre vite, perché la natura (che ha prodotto macchine riparatrici per miliardi di anni) non si è già perfezionata fino a quel punto?

La gente ci ha provato ed ha fallito.

Per secoli, gli umani hanno desiderato di trovare una scappatoia alla brevità del loro arco vitale. Fin troppo spesso, un Ponce de Leon o un dottore ciarlatano hanno promesso una miracolosa pozione, ma tutte le pozioni proposte non hanno mai funzionato. Queste statistiche di fallimento hanno persuaso qualcuno che, poiché tutti i tentativi sono finora falliti, tutti i tentativi saranno sempre destinati al fallimento. Queste persone affermano che "invecchiare è naturale" e ciò sembra loro abbastanza ragionevole. I progressi medici hanno scosso i loro modi di vedere, ma fino ad ora i progressi hanno per lo più semplicemente ridotto le morti premature, e non davvero esteso la massima durata di vita.

Ma adesso, i biochimici hanno cominciato a lavorare sull'analisi delle macchine che costruiscono e controllano le cellule. Hanno imparato ad assemblare virus e a riprogrammare batteri. Per la prima volta nella storia, gli umani stanno esaminando le loro proprie molecole, svelando così i segreti della vita. Sembra che gli ingegneri molecolari combineranno infine la loro conoscenza biochimica migliorata, assieme a macchine molecolari migliori di quelle naturali perché in grado di imparare a riparare le strutture di tessuto danneggiate e di ringiovanirle. Ciò non costituisce nulla di strano; sarebbe strano, piuttosto, se conoscenza ed abilità tanto potenziate non conducessero a risultati eclatanti. La massiccia statistica dei fallimenti passati è semplicemente irrilevante, perché mai prima d'ora abbiamo tentato di costruire delle macchine ripara-cellule.

La natura ha provato ed ha fallito.

La natura ha costruito macchine di riparazione cellulare. L'evoluzione ha rappezzato gli animali multicellulari per centinaia di milioni di anni, eppure tutti gli animali progrediti invecchiano e muoiono, poiché le nanomacchine naturali riparano le cellule in modo imperfetto. Quindi, perché mai sarebbe possibile ottenere dei miglioramenti?

I ratti diventano adulti in pochi mesi, per poi invecchiare e morire nell'arco di circa due anni - e tuttavia gli umani si sono evoluti per vivere oltre trenta volte più a lungo. Se una longevità ancor più grande fosse lo scopo principale dell'evoluzione, anche i ratti vivrebbero più a lungo. La durevolezza ha i suoi costi(1): riparare le cellule richiede un investimento in termini di energia, materiali e macchine riparatrici. I geni di ratto comandano i corpi dei ratti ad investire più sulla rapidità dei tempi di accrescimento e compimento della riproduzione, che non su una meticolosa auto-riparabilità. Un topo quotidianamente impegnato nel crescere in dimensioni correrebbe il rischio molto più grande di diventare, anzitutto, lo spuntino per un gatto. I geni di ratto hanno prosperato trattando i corpi di ratto come fossero degli economici vuoti a perdere. I geni umani si disfano in modo analogo dei corpi umani, sebbene lo facciano dopo una vita di qualche dozzina di volte più lunga di quella di un ratto.

Ma la superficialità delle riparazioni naturali non è l'unica causa dell'invecchiamento. I geni trasformano le cellule delle uova in individui adulti, lungo uno schema di sviluppo che procede a velocità relativamente costante. Questo schema è piuttosto consistente perché l'evoluzione raramente modifica un progetto di base. Proprio come lo schema di base del sistema DNA-RNA-proteine è rimasto congelato alla logica di diversi miliardi di anni fa, così lo schema di base dei segnali chimici e delle reazioni dei tessuti che guidano lo sviluppo dei mammiferi ha preso forma vari milioni di anni fa. Sembrerebbe che questo processo abbia un cronometro associato, impostato per avanzare secondo differenti velocità in differenti specie, e che questo cronometro sia abbinato ad un programma in esecuzione.

Quali che siano le cause dell'invecchiamento, l'evoluzione ha ben pochi motivi per eliminarle. Se i geni costruissero individui capaci di resistere per millenni, trarrebbero ben poco vantaggio dal loro sforzo di "replicarsi". La maggioranza degli individui morirebbe comunque in relativa giovinezza, per inedia, incidenti o malattie. Come Sir Peter Medawar ha fatto notare(2), un gene che aiuta i giovani (che sono tanti) ma danneggia i vecchi (che sono pochi) riesce comunque a replicarsi bene, e quindi si diffonde lungo tutta la popolazione. Se geni di questo tipo finiscono per accumularsi in quantità sufficiente, gli animali diventano programmati per morire.

Alcuni esperimenti condotti dal Dr. Leonard Hayflick(3) suggeriscono che le cellule contengono "dei cronometri cellulari" (clocks) che contano il numero di divisioni cellulari ed arrestano il processo quando il conteggio totale diventa troppo alto. Un meccanismo di questo tipo(4) può essere di aiuto per gli animali più giovani: se alterazioni simili a quelle indotte dal cancro cominciano a provocare una divisione della cellula eccessivamente rapida ma nel contempo non riescono a distruggere il cronometro interno alla cellula, l'accrescimento del tumore resta contenuto su una estensione limitata. In questo modo, il cronometro cellulare preverrebbe la crescita illimitata di un cancro autentico. Tuttavia, cronometri di questo tipo danneggerebbero gli animali più vecchi perché arresterebbero la divisione delle cellule(5) e quindi metterebbero fine al rinnovamento dei tessuti. Gli animali, quindi, beneficerebbero di una ridotta incidenza di cancri durante la loro giovinezza, per quanto abbiano buoni motivi per lamentarsi di questo meccanismo se riescono a sopravvivere fino alla vecchiaia. Ma i loro geni non stanno ad ascoltare le loro lagnanze perché hanno già da tempo abbandonato la nave sotto forma di copie di se stessi passate alla generazione successiva. Con le macchine ripara-cellule saremo in grado di riazzerare i cronometri cellulari. Nulla suggerisce che l'evoluzione abbia perfezionato i nostri corpi al di là dei requisiti minimi di funzionalità in termini di sola sopravvivenza e riproduzione. Gli ingegneri non cablano i computer con fibre lente nel propagare i segnali come lo sono le nostre fibre nervose, e se non lo fanno hanno delle ottime ragioni. L'evoluzione genetica (a differenza di quella memetica) non è stata in grado di compiere il balzo di qualità verso nuovi materiali e nuovi sistemi, ed ha invece continuato a raffinare ed estendere quelli vecchi.

Le macchine di riparazione cellulare cadono ben lontane dai limiti del possibile; infatti non hanno dei computer a dirigerle. La mancanza di nanocomputer nelle cellule, ovviamente, dimostra soltanto che i computer non possono evolversi gradualmente da altre macchine molecolari (o più semplicemente che ciò non è accaduto). La natura ha fallito nella costruzione delle migliori possibili fra le macchine ripara-cellule, ma l'ha fatto per abbondanti motivi.

Guarire e Proteggere la Terra  

Il fallimento del sistema biologico della Terra nell'adattarsi alla rivoluzione industriale è altrettanto facile da comprendere. Dalla deforestazione alla diossina, abbiamo causato danni a ritmi più rapidi di quelli con cui l'evoluzione può rispondere. Mano a mano che è cresciuta la nostra richiesta di cibo, beni e servizi, il nostro uso della tecnologia di mole ci ha costretti a continuare ad infliggere questi danni. Con la tecnologia futura, tuttavia, sapremo fare molto di più per il nostro beneficio e tuttavia arrecando meno danno alla Terra. E in più, saremo in grado di costruire macchine per riaccomodare il pianeta, capaci di correggere i danni già inflitti. Le cellule non sono le sole cose che desideriamo riparare.

Consideriamo il problema dei rifiuti tossici. Siano essi nell'aria, nel suolo o nell'acqua, i rifiuti ci preoccupano perché possono danneggiare i sistemi viventi. Ma qualsiasi materiale che interagisca con le macchine molecolari della vita è al tempo stesso influenzabile da altre forme di macchine molecolari. Ciò significa che sapremo progettare delle macchine spazzine che rimuovano questi veleni (6) da qualsiasi luogo possano arrecare danno alla vita.

Alcuni rifiuti, come la diossina, consistono di molecole dannose ma composte da atomi che sono invece innocui se considerati singolarmente. Le macchine spazzine renderanno innocui i rifiuti di questo tipo, modificando la disposizione dei loro atomi. Altri rifiuti, come il piombo e gli isotopi radioattivi, contengono atomi dannosi in ogni caso. Le macchine spazzine li raccoglieranno per redisporli in uno qualsiasi degli innumerevoli modi possibili. Il piombo proviene dalle rocce della Terra e gli assemblatori potrebbero quindi accorparlo tutto insieme, costruendo rocce di piombo nelle stesse miniere da cui esso proviene. Anche gli isotopi radioattivi potrebbero venire isolati dalle cose viventi, sia costruendo con essi delle rocce stabili, che grazie ad altri metodi drastici. Utilizzando sistemi di trasporto spaziale economici ed affidabili potremmo seppellire gli isotopi radioattivi nelle aride rocce prive di vita della Luna. Utilizzando delle nanomacchine, potremmo seppellirli in contenitori auto-riparanti e auto-sotterranti delle dimensioni di colline e alimentate dalla luce solare. Questi contenitori sarebbero più sicuri di qualsiasi tanica o roccia passive.

Con gli assemblatori-replicatori saremo anche capaci di rimuovere i miliardi di tonnellate di diossido di carbonio che la nostra civiltà brucia-carburanti ha scaricato nell'atmosfera. I climatologi ritengono che l'accumulazione di strati di diossido di carbonio, intrappolando l'energia solare, scioglierà almeno in parte le calotte polari e provocherà, attorno alla metà del ventunesimo secolo, l'innalzamento del livello dei mari e l'inondazione delle coste. Gli assemblatori-replicatori, tuttavia, renderebbero sufficientemente economica l'energia solare da eliminare la necessità di carburanti fossili (7). Nanomacchine alimentate dal sole saranno in grado, come fanno già gli alberi, di estrarre diossido di carbonio dall'aria (8) e spezzare le sue molecole per liberarne l'ossigeno. A differenza degli alberi, le nanomacchine saranno capaci di sviluppare delle profonde radici in cui immagazzinare il carbonio, per depositarlo infine di nuovo nelle vene minerarie di carbone e nei giacimenti di petrolio da cui esso proviene.

Le future macchine di guarigione della Terra potranno anche aiutarci a recuperare paesaggi devastati e ripristinare ecosistemi danneggiati. Gli scavi minerari hanno raschiato e butterato la Terra; l'incuranza l'ha immondata. La lotta ai fuochi forestali ha lasciato prosperare il sottobosco, sostituendo l'ariosità da cattedrale delle foreste, con una fitta boscaglia che alimenta fuochi ancora più pericolosi. Utilizzeremo robot sofisticati ed economici per invertire questi effetti ed altri. Poiché tali robot saranno capaci di smuovere rocce e suolo, essi disegneranno nuovamente l'aspetto dei paesaggi dilaniati. Capaci di diserbare e di smaltire, nelle foreste naturali essi si sostituiranno all'efficacia estirpatrice dei fuochi senza doverle danneggiare o devastare. Capaci di sollevare e smuovere gli alberi, essi alleggeriranno i suoli troppo densi, consentendo la reforestazione di nude colline. Fabbricheremo dispositivi della dimensione di scoiattoli con una predilezione per la vecchia immondizia. Fabbricheremmo dispositivi simili ad alberi con radici profondamente diffuse, e ripuliremo il suolo dai pesticidi e dagli acidi in eccesso. Fabbricheremo netturbini delle dimensioni di insetti per far pulizia dei licheni e per divorare la vernice spray. Fabbricheremo qualsiasi altro dispositivo sia necessario a ripulire il disastro lasciato dalla civiltà del ventesimo secolo.

Dopo aver fatto pulizia, ricicleremo la maggior parte di queste macchine, lasciando in circolazione solo quelle che ancora sono necessarie per proteggere l'ambiente da una civiltà in ogni caso più pulita poiché basata sulla tecnologia molecolare. Questi dispositivi, più duraturi dei primi, integreranno gli ecosistemi naturali dove potrebbe ancora risultare necessario, per bilanciare e curare gli effetti dell'umanità. Renderli efficaci, non dannosi e nascosti, sarà un'arte che richiederà non solo l'aiuto dell'ingegneria automatizzata, ma anche la conoscenza della natura e un certo senso artistico.

Con le tecnologie di riparazione cellulare saremo persino in grado di resuscitare alcune specie dalla loro apparente estinzione. Il quagga africano, un'animale simile alla zebra, si è estinto circa un secolo fa, ma una pelle di quagga è tuttora conservata sotto sale in un museo Tedesco. Alan Wilson della University of California a Berkeley, ed i suoi collaboratori (9), hanno utilizzato degli enzimi per estrarre frammenti di DNA dai tessuti muscolari connessi a questa pelle. Hanno clonato i frammenti in un batterio, li hanno confrontati con quelli di una zebra ed hanno riscontrato (come ci si attendeva) che i geni delle due specie mostravano uno stretto rapporto evolutivo. Sono anche riusciti ad estrarre e replicare del DNA da una pelle di bisonte vecchia un secolo, nonché da alcuni mammuth vecchi di millenni che si sono conservati integralmente nel perfamafrost artico. Questi successi sono ben lontani dalla clonazione di una intera cellula o di un intero organismo; la clonazione di un singolo gene ne lascia grosso modo altri 100.000 non clonati, e la clonazione di ogni singolo gene in una cellula non equivale alla riparazione della cellula, sebbene dimostri che il materiale ereditario di queste specie è riuscito a sopravvivere fino ad oggi.

Come ho descritto nel capitolo precedente, macchine che confrontino diverse copie danneggiate di molecole di DNA saranno anche in grado di ricostruire il suo originale privo di danni, ed i miliardi di cellule in una pelle essiccata contengono miliardi di copie del DNA. Da tali copie saremo in grado di ricostruire DNA non danneggiato, ed attorno ad esso sapremo costruire cellule non danneggiate di qualsiasi tipo desideriamo. Alcune specie di insetti passano l'inverno in forma di cellule uovo, per poi essere riportate alla vita dal calore della primavera. Analogamente, le specie "estinte" passeranno attraverso il ventesimo secolo come cellule muscolari e pelle, per essere convertiti in uova fertili ed essere infine essere riportate alla vita da macchine ripara-cellule.

La Dottoressa Barbara Durrant, psicologa della riproduzione presso lo Zoo di San Diego, sta conservando in un congelatore crionico alcuni campioni di tessuti prelevati da specie in via d'estinzione. Ne potrebbe derivare qualcosa di più prezioso di quello che la maggior parte della gente odierna potrebbe attendersi. Preservare semplicemente dei campioni di tessuto non preserva la vita di un animale o di un ecosistema, ma potrebbe preservare l'ereditarietà genetica delle specie campionate. Saremmo degli incoscienti se non stipulassimo questa polizza assicurativa contro la perdita permanente delle specie. Sicché, la prospettiva di macchine ripara-cellule incide sulle nostre scelte odierne.

L'estinzione non è un problema nuovo. Circa 65 milioni di anni fa scomparve la maggior parte delle specie allora esistenti, incluse tutte le specie di dinosauri. Nel libro di pietra della Terra, la storia dei dinosauri termina su una pagina consistente in un sottile strato di argilla. L'argilla è ricca di iridio, un elemento piuttosto comune in asteroidi e comete. La migliore teoria corrente afferma che dal cielo cadde qualcosa che colpì violentemente la biosfera terrestre. L'impatto sprigionò una energia equivalente all'esplosione di cento milioni di milioni di tonnellate di TNT, provocando la diffusione di polveri ed instaurando un "inverno asteroidale" di estensione planetaria.

Negli eoni trascorsi da quando le cellule viventi si sono per la prima volta raggruppate assieme a formare i vermi, la Terra ha sofferto cinque grandi estinzioni. Appena 34 milioni di anni fa, ossia quasi 30 milioni di anni dopo la morte dei dinosauri, uno strato di gocce vitree si depositò sul fondo del mare. Al di sopra di quello strato, i fossili di molte specie non compaiono più. Quelle gocce si erano formate per solidificazione degli spruzzi fusi causati da un impatto.

Il "Cratere Meteoritico" in Arizona è la testimonianza di un impatto esplosivo più piccolo e più recente, equivalente a quello di una bomba da quattro milioni di tonnellate di TNT. Ancor più di recente, il 30 Giugno 1908, una palla di fuoco squarciò il cielo Siberiano e spazzò al suolo gli alberi di una foresta su un'area del diametro di un centinaio di chilometri.

Come la gente comune ha a lungo sospettato, i dinosauri morirono perché erano stupidi. Non che fossero troppo stupidi per nutrirsi, camminare o badare alle proprie uova, dato che comunque sopravvissero per 140 milioni di anni; essi erano semplicemente troppo stupidi per costruire telescopi capaci di individuare gli asteroidi, e per costruire navette spaziali in grado di deviarli dalla rotta di collisione con la Terra. Lo spazio ha ancora molte rocce da lanciarci addosso, ma ormai stiamo mostrando segni di una intelligenza adeguata ad affrontarle. Quando nanotecnologia e ingegneria automatizzata ci doteranno di una tecnologia spaziale più capace, ci risulterà molto facile sorvegliare e deflettere gli asteroidi; di fatto potremmo farlo persino con la tecnologia disponibile oggi. Potremo non solo guarire la Terra, ma anche proteggerla.

Longevità e Pressione Demografica  

Di solito siamo tutti alla ricerca di una vita lunga e in salute, e tuttavia la prospettiva di un successo drastico ci disorienta. Una longevità maggiore potrebbe danneggiare la qualità della vita? Cosa comporterebbe per i nostri problemi immediati la prospettiva di una vita lunga? Nonostante la maggior parte di questi effetti non possa prevedersi, per altri la previsione è possibile.

Per esempio, le macchine ripara-cellule estenderanno la durata della vita ma al contempo incrementeranno anche la popolazione. Se tutto il resto restasse invariato, gente in più significherebbe maggiore affollamento, maggiore inquinamento e maggiore scarsità. Ma tutto il resto non rimarrà affatto uguale: l'essenza di quello stesso progresso fatto di ingegneria automatizzata e nanotecnologia che produrrà infine le macchine ripara-cellule, ci verrà in aiuto per guarire la terra, proteggerla e vivere su di essa più spensieratamente. Saremo in grado di produrre ciò che ci è necessario, nonché il nostro lussuoso superfluo, senza per questo inquinare la nostra aria o acqua. Sapremo appropriarci di risorse e fabbricare cose senza per questo devastare il paesaggio con le miniere o ingombrarlo densamente di industrie. Con assemblatori efficienti che fabbrichino prodotti duraturi, potremo produrre cose di più gran valore ma generando meno rifiuti. Se in qualche modo riusciremo a sfruttare le nostre nuove capacità per fini buoni, molta più gente potrà essere in grado di vivere sulla Terra, e nel contempo infliggendo meno danno sia alla Terra stessa che a chiunque altro viva su di essa.

Se si guardasse al cielo notturno interpretandolo soltanto come un muro nero e ci si attendesse che da un momento all'altro la corsa tecnologica debba frenare bruscamente su un rispettoso punto di arresto, verrebbe naturale temere che le persone longeve sarebbero un opprimente fardello per la "povera ed affollata terra dei nostri figli". Questa paura deriva dall'illusione che la vita sia un gioco a somma zero, e che essere di più significhi necessariamente dover spartire in fette più piccole una torta piuttosto esigua. Ma nel momento in cui diventeremo capaci di riparare le cellule, saremo anche capaci di costruire eccellenti assemblatori-replicatori ed eccellenti navette spaziali. I nostri "poveri" discendenti si divideranno un mondo della dimensione dell'intero sistema solare, dotato di materia, energia e potenziale spazio di vita in quantità tali che quelle del nostro intero pianeta avranno al confronto le dimensioni di uno gnomo.

Tutto questo creerà spazio sufficiente per un'era di crescita e prosperità di gran lunga superiore ad ogni altra precedente. Tuttavia, lo stesso sistema solare è pur sempre finito, e le stelle sono distanti. Sulla Terra persino le industrie più pulite, basate sugli assemblatori, genereranno inquinamento calorico. Le preoccupazioni incentrate su demografia e risorse manterranno la loro importanza, perché la crescita esponenziale dei replicatori (come quella delle persone) potrà infine sovrastare l'offerta di qualsiasi disponibilità finita di risorse.

Ma questo significa che dovremmo sacrificare vite umane per ritardare il momento cruciale? Qualche persona potrebbe anche sacrificarsi volontariamente, ma se ne otterrebbe ben poco beneficio. In verità, l'estensione della vita avrà poco effetto sui problemi di base: l'esponenzialità della crescita demografica rimarrà tale, sia che la gente muoia giovane sia che resti indefinitamente in vita. Un martire volontario che morisse in gioventù potrebbe ritardare la crisi solo di una frazione di secondo, ma persino una persona mediocre e tuttavia coscienziosa potrebbe essere di ben più grande aiuto se fondasse un movimento attivista di persone longeve intenzionate a risolvere questo problema di lungo termine. Dopotutto, molte persone fino ad ora sono vissute ignare dell'esistenza di limiti alla crescita demografica sulla Terra. Chi altri, se non i longevi, avranno interesse a prepararsi adeguatamente per il raggiungimento dei definitivi, ma molto distanti, limiti ultimi alla crescita nei mondi al di là della Terra? Quelli preoccupati dei limiti di lungo termine serviranno meglio l'umanità mantenendosi vivi piuttosto che mantenendo vive le loro preoccupazioni.

La longevità crea anche la minaccia della stagnazione culturale. Se si trattasse di un problema inestricabilmente associato alla longevità, non vedremmo proprio cosa potremmo fare a riguardo - sparare ai più vecchi quando si arroccano su punti di vista troppo ostinati, forse? Per fortuna ci sono due fattori che contribuiranno in qualche modo ad attenuare il problema. In primo luogo, in un mondo con una frontiera aperta i giovani saranno in grado di varcarla per costruire nuovi mondi, sperimentare nuove idee, ed infine persuadere i più vecchi a cambiare oppure lasciarseli semplicemente alle spalle. In secondo luogo, le persone avanti negli anni saranno comunque giovani nel corpo e nella mente. L'invecchiamento rallenta sia il pensiero che l'apprendimento, così come rallenta altri processi fisici; il ringiovanimento li accelererà nuovamente. Poiché muscoli e tendini giovani rendono più flessibile il corpo, forse la giovinezza dei tessuti cerebrali manterrà analogamente più flessibili le menti, persino dopo che avranno sperimentato lunghi anni di saggezza.

Gli Effetti dell'Anticipazione  

La longevità non sarà il più grande dei problemi futuri. Essa potrebbe persino aiutarci a risolvere gli altri.
Consideriamo i suoi effetti sulla volontà della gente di cominciare le guerre. Invecchiamento e morte rendono più accettabile il massacro in combattimento: come fa dire Omero a Sarpedone, l'eroe di Troia nell'Iliade: "O amico mio, se noi, abbandonando questa guerra, potessimo sfuggire alla vecchiaia e alla morte, io non sarei qui a lottare invano; ma ora, poiché sono molti i modi di morire che incombono su noi e a cui nessun uomo può sperare di sfuggire, lanciamoci nella battaglia dando gloria ad altri uomini, o a vincerla per la nostra" (10).

Se davvero fosse la speranza di sfuggire all'età ed alla morte a muovere la gente in battaglia, non sarebbe una buona cosa? L'assenza di queste motivazioni potrebbe scoraggiare piccole guerre che potrebbero infine crescere fino ad un olocausto nucleare. Ma allo stesso tempo potrebbe indebolire la nostra risoluzione ad auto-difenderci da una tirannia estesa lungo una vita intera, per non parlare di quanta vita ancora abbiamo da difendere. La riluttanza di certe persone a morire per il potere dei loro governanti aumenterebbe questo rischio.

Le azioni sono sempre modellate dalle aspettative. Le nostre istituzioni ed i nostri progetti personali riflettono entrambi la nostra aspettativa che tutti gli adulti attualmente viventi moriranno entro poche decadi. Riflettiamo su come questa assunzione alimenti furiosamente l'urgenza di acquisire, ignorando il futuro per inseguire un fugace piacere. Consideriamo come essa accechi la nostra visione del futuro, ed oscuri i benefici a lungo termine della cooperazione. Erich Fromm scrive: "Se l'individuo vivesse cinquecento o mille anni, questo contrasto (fra i suoi interessi e quelli della società) potrebbe essere inesistente o quantomeno venirne considerevolmente ridotto. Egli potrebbe vivere, e raccogliere con gioia ciò che ha seminato con dolore; la sofferenza di un periodo storico che porti frutto in quello successivo, potrebbe fruttare anche per lui". Il fatto che la maggior parte delle persone di oggi vivano ancora esclusivamente per il presente, non è il punto principale della questione; piuttosto, esso è: ci potrebbe essere un significativo cambiamento per il meglio?

L'aspettativa di vivere una lunga vita in un futuro migliore potrebbe ben rendere alcuni mali politici meno mortali. I conflitti umani sono di gran lunga troppo profondi e forti per essere sradicati da un qualunque semplice cambiamento, tuttavia la prospettiva di un domani di immenso benessere potrebbe quantomeno attenuare l'impulso a lottare per le briciole odierne. Il problema della conflittualità è grande, e per fronteggiarlo abbiamo bisogno di tutto l'aiuto che possiamo ottenere.

La prospettiva del deterioramento personale e della morte, ha sempre reso i pensieri sul futuro meno piacevoli. In tempi più recenti, visioni di inquinamento, di povertà, e di annichilazione nucleare, hanno reso i pensieri sul futuro quasi troppo orribili da sopportare. Tuttavia, con almeno una speranza di un futuro migliore e di un tempo per goderselo, si potrebbe guardare avanti più di buon grado. E guardando avanti, saremo capaci di vedere più lontano. Avendo un interesse personale nel futuro, ce ne cureremmo di più. E speranza e preveggenza accresciute, porteranno beneficio sia alle persone di oggi che ai posteri; esse miglioreranno le nostre possibilità di sopravvivenza.

Vivere vite più lunghe significa avere più gente, ma senza peggiorare gravemente i problemi demografici di domani. L'aspettativa di vite più lunghe in un mondo migliore, porterà benefici reali, incoraggiando la gente a riflettere di più sul futuro. Dopotutto, la longevità e l'annuncio del suo arrivo sembrano una buona cosa per la società, proprio come la certezza di vite accorciate a soli trent'anni sarebbero una cosa cattiva. Molte persone desiderano per se stessi vite lunghe e in salute. Quali sono le prospettive per le generazioni presenti?

Progressi nell'Estensione della Vita  

Ascoltiamo le parole di Gilgamesh, Re di Uruk:

"Ho guardato oltre la barriera ed ho visto i corpi fluttuare sul fiume, e so che è quella anche la mia sorte. Perché io so che, chiunque sia il più alto degli uomini non può raggiungere i cieli, ed il più grande non può abbracciare tutta la Terra" (11).

Quattro millenni sono trascorsi da quando gli scribi Sumeri incisero delle tavolette d'argilla per scrivervi "L'Epica di Gilgamesh", ed i tempi sono cambiati. Uomini non più alti della media hanno ora raggiunto i cieli e circumnavigato la Terra. Siamo nell'era spaziale, nell'era della biotecnologia, nell'era dei passi avanti tecnologici più rivoluzionari; è necessario disperarsi ancora di fronte alla barriera degli anni? O dovremmo imparare l'arte di estendere la vita, in tempo utile per salvare noi stessi e quelli che amiamo dalla dissoluzione?

Il ritmo del progresso biomedico contiene promesse allettanti. Le principali malattie dell'età (malattie cardiache, ictus e cancro), hanno cominciato ad arrendersi a trattamenti opportuni. Studi sui meccanismi dell'invecchiamento hanno cominciato a dar frutto, e i ricercatori hanno raccolto alcuni successi in esperimenti mirati ad estendere l'arco di vita attesa per alcuni animali. Mano a mano che altra conoscenza si costruirà sulla conoscenza precedente, e che gli strumenti già esistenti condurranno a nuovi strumenti, sembra certo che il ritmo di accumulazione dei progressi accelererà. Persino senza disporre al momento di macchine ripara-cellule, abbiamo ragione di attenderci progressi importanti verso il rallentamento e la parziale inversione del processo di invecchiamento.

Nonostante gente di tutte le età beneficerà di questi progressi, i giovani ne beneficeranno in misura maggiore. Quelli che vivranno abbastanza a lungo, raggiungeranno un'epoca in cui l'invecchiamento sarà divenuto pienamente reversibile: tale epoca sarà, al più tardi, quella delle avanzate macchine ripara-cellule. Sarà allora, se non addirittura prima, che le persone guadagneranno sempre più salute mano a mano che invecchiano, migliorando col tempo come il vino piuttosto che guastarsi come il latte. Esse, se lo desiderano, potranno riguadagnare una salute eccellente e vivere per un lungo, lungo, tempo.

In quell'epoca di replicatori e di volo spaziale economico, la gente possederà sia la longevità che spazio e risorse a sufficienza per godersela. Una domanda che potrebbe amaramente rotolar fuori dalla lingua è: "Quando? Quale sarà l'ultima generazione a invecchiare e morire, e quale la prima a oltrepassare il limite?". Molte sono oggi le persone che condividono l'inespressa aspettativa che l'invecchiamento verrà un qualche giorno sconfitto. Ma quelli che vivono ora sono condannati a morte dalla sfortuna della loro nascita prematura? La risposta si dimostra essere sia chiara che sbalorditiva.

L'ovvio percorso verso la longevità comprende la necessità di vivere abbastanza a lungo da farsi ringiovanire dalle future macchine di riparazione cellulare. I progressi della biochimica e della tecnologia molecolare estenderanno la vita, e nel tempo che guadagneranno potranno estendere la vita ancora di più. Per estendere la vita e mantenere una condizione di buona salute, in un primo momento useremo dei farmaci appropriati, una appropriata dieta e l'esercizio fisico. Entro qualche decade, i progressi nella nanotecnologia probabilmente realizzeranno le prime macchine di riparazione cellulare, e con l'aiuto dell'ingegneria automatica queste prime macchine saranno prontamente seguite da macchine più avanzate. Le date devono rimanere una mera ipotesi, ma una ipotesi che è pur sempre utile più di quanto lo sia un semplice punto interrogativo.

Immaginiamo qualcuno che adesso ha trent'anni. In altri trent'anni, la biotecnologia sarà progredita enormemente, e tuttavia un trentenne di oggi sarà diventato un sessantenne. I dati statistici, senza prendere in considerazione nessun progresso nella medicina, dicono che un cittadino statunitense trentenne può al momento aspettarsi di vivere per quasi altri cinquant'anni, il che significa fino agli anni '30 del ventunesimo secolo (NdT- Il presente libro è stato scritto nel 1986). I normali progressi di routine (del tipo di quelli dimostrati sugli animali) che si verificheranno da qui fino al 2030, pare aggiungeranno altri probabili anni alla vita, forse persino decadi. La semplice fase primordiale della tecnologia di riparazione cellulare potrebbe estendere la vita di diversi decadi. Per riassumere, quindi, sembra probabile che la medicina del 2010, 2020, e 2030 estenderà la vita del nostro trentenne fino al 2040-2050. In quell'epoca, se non addirittura prima, i progressi medici potrebbero permettere il suo ringiovanimento fino alla sua condizione attuale di trentenne. Sicché, quelli che sono oggi sotto i trenta (e forse anche quelli apprezzabilmente più vecchi) possono guardare avanti, quanto meno a titolo di tentativo, con qualche ragionevole speranza di vederci una medicina futura in grado di sorpassare il loro processo di invecchiamento e di consegnarli salvi ad un era di riparazioni cellulari caratterizzata, di salute vigorosa e di estensione di vita indefinita.

Se questa fosse l'intera storia, la distinzione fra gli ultimi umani avviati sulla strada di una morte precoce e i primi sulla strada di una lunga vita potrebbe forse rappresentare l'ultimo dei divari generazionali. Inoltre, la bruciante incertezza riguardo il proprio destino potrebbe motivare la tentazione di relegare l'intero argomento nelle segrete del subconscio in cui rinchiudiamo le speculazioni fastidiose.

Ma è davvero questa la nostra situazione? Sembra esserci un'altra strada per salvare delle vite, una basata sulle macchine ripara-cellule nonostante queste non siano ancora disponibili oggi. Come descritto nel capitolo precedente, le macchine riparatrici sapranno guarire i tessuti fintanto che si è preservata la loro struttura essenziale. La capacità di un tessuto di metabolizzare e riparare se stesso perde la sua importanza; la discussione sulla biostasi illustra proprio questo. La biostasi, come descritto, utilizzerà dei dispositivi molecolari per arrestare le funzioni delle cellule e preservare la loro struttura tramite il cross-linking, cioè legando l'una all'altra le macchine molecolari delle cellule. Le nanomacchine invertiranno la biostasi grazie alla riparazione dei danni molecolari, ossia rimuovendo i legami incrociati fra le macchine molecolari ed aiutando le cellule (e quindi i tessuti, gli organi, e l'intero corpo) a ritornare al funzionamento normale.

Riuscire a raggiungere un'era di avanzate macchine ripara-cellule sembra la chiave per una vita lunga ed in salute, poiché quasi tutti i problemi medici saranno allora curabili. Uno potrebbe impegnarsi nello sforzo di restare vivo ed attivo lungo tutti gli anni che intercorrono fra oggi e quel momento, in modo da riuscire a giungervi entro l'arco della sua vita residua; ma questa è semplicemente la via più ovvia, la via che richiede un minimo di preveggenza. I pazienti odierni spesso soffrono di collasso delle funzioni cardiache mentre le strutture del cervello che incorporano memoria e personalità restano invece intatte. In tali casi, non potrebbe esserci qualche tecnologia medica odierna che sia in grado di arrestare il processo biologico in un modo che le tecnologie mediche di domani saprebbero invertire? Se così fosse, la maggior parte delle morti odierne sarebbero in realtà diagnosi premature e non necessarie.

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Capitolo 9: Una porta sul futuro  

I Requisiti per la Biostasi
Metodi di Biostasi
Inversione della Biostasi
Mente, Corpo ed Anima
Reazioni e Discussioni
Tempo, Costo ed Azione Umana

Londra, Aprile 1773.
A Jacques Dubourg (1)
Le sue osservazioni sulle cause della morte, e gli esperimenti con i quali si propone di richiamare alla vita coloro che sembra siano stati uccisi da un fulmine, dimostrano in egual misura la sua sagacia e la sua umanità. Pare che la dottrina della vita e della morte, in generale sia però tutt'altro che ben compresa[…]
Vorrei che fosse possibile[…] inventare un metodo per imbalsamare le persone che sono annegate, di modo che possano essere richiamate alla vita in un qualsiasi momento comunque distante nel tempo; Avendo un desiderio davvero ardente di poter vedere gli stati d'America fra un centinaio d'anni da oggi, io preferirei una morte ordinaria causata dall'immersione, fino ad allora e in compagnia di qualche amico, in un barile di Madera, per poi essere richiamato alla vita dal tepore del sole del mio caro paese! Ma […] in tutta probabilità, noi viviamo in un secolo ancora troppo poco avanzato, e troppo vicino all'infanzia della scienza perché si possa vedere nel nostro tempo una tale arte maturare fino alla perfezione.
- B. FRANKLIN

Benjamin Franklin cercava una procedura per arrestare e riavviare il metabolismo, ma all'epoca nessuno ne conosceva una. Viviamo in un secolo di gran lunga più avanzato del suo da far si che la biostasi sia ormai disponibile - per schiudere un futuro di salute a pazienti altrimenti privi di ogni possibilità che non sia la dissoluzione conseguente alla loro morte?

Possiamo arrestare il metabolismo in molti modi, ma la biostasi, per essere utilizzabile, deve anche essere reversibile. E da ciò scaturisce una curiosa situazione. Se si possa o meno mettere dei pazienti in uno stato di biostasi con l'impiego delle tecniche presenti dipende esclusivamente dalla eventuale disponibilità futura di tecniche capaci di invertire il processo. La procedura è perciò composta da due parti, delle quali al momento ne padroneggiamo solo una.

Se la biostasi può mantenere inalterato un paziente per anni, allora le tecniche future dovranno includere anche dei sofisticati sistemi di riparazione cellulare. Dobbiamo perciò giudicare il successo delle attuali procedure di biostasi alla luce delle abilità ultime della futura medicina. Prima che macchine ripara-cellule si profilino chiaramente all'orizzonte, tali abilità, ed i conseguenti requisiti precisi per una biostasi di successo, restano grossolanamente incerti. Attualmente, i requisiti di base sembrano piuttosto ovvi.

I Requisiti per la Biostasi  

Le Macchine molecolari possono costruire cellule partendo da zero, come dimostrato dalla divisione cellulare naturale. Possono anche costruire da zero interi organismi, come dimostrato dallo sviluppo degli embrioni. I medici saranno in grado di utilizzare le tecnologie di riparazione cellulare per dirigere lo sviluppo di nuovi organi, partendo da cellule appartenenti al paziente stesso. Ciò dota i medici moderni di grandi margini di libertà nella attuazione delle procedure di biostasi: anche se queste procedure danneggiassero o distruggessero la maggior parte degli organi di un paziente, non gli procurerebbero comunque alcun danno irreversibile. I loro colleghi del futuro, dotati di strumenti migliori, saranno in grado di riparare o rimpiazzare gli organi danneggiati. La maggior parte delle persone dovrebbe essere ben contenta di avere un cuore nuovo, o dei reni rinnovati, o una pelle più giovane (2).

Ma il cervello è un problema ben diverso. Un medico che permetta la distruzione del cervello di un paziente, permette la distruzione del paziente stesso in quanto persona distinta, qualunque cosa possa accadere al resto del corpo. Il cervello conserva gli schemi della memoria, della personalità, del "sé". I pazienti colpiti da un colpo apoplettico perdono solo una parte del loro cervello e tuttavia soffrono, in conseguenza di tali danni, di problemi che vanno dalla cecità parziale, alla paralisi, alla perdita del linguaggio, alla riduzione dell'intelligenza, fino ad alterazioni della personalità o peggio ancora. Gli effetti precisi dipendono dalla precisa locazione del danno. Ciò suggerisce che la distruzione completa del cervello provocherebbe, tutte insieme, la cecità totale, la paralisi, l'incapacità totale di parola, e la completa assenza di attività mentale, e ciò sia che il corpo continui a respirare, sia che smetta di farlo.

Come scrisse Voltaire, "Per risorgere, per essere la stessa persona che eri, devi avere la tua memoria perfettamente intatta e presente; è la memoria che fa la tua identità. Se la tua memoria si perdesse, saresti ancora lo stesso uomo?". L'Anestesia interrompe la coscienza senza distruggere la struttura del cervello, e le procedure di biostasi devono fare la stessa cosa, per un tempo ben più lungo. Ciò solleva interrogativi sulla natura fisica delle strutture soggiacenti alla memoria e alla personalità.

La neurobiologia, e un ben informato senso comune, concordano sulla natura di base della memoria. Mano a mano che formiamo i nostri ricordi e ci sviluppiamo come individui, il nostro cervello cambia. Questi cambiamenti influenzano il funzionamento del cervello, modificando i suoi schemi di attività: Quando ricordiamo, il nostro cervello fa qualcosa; quando agiamo, pensiamo, o avvertiamo delle sensazioni, il nostro cervello fa qualcosa. Il cervello lavora per mezzo di macchinario molecolare. Dei cambiamenti duraturi nel funzionamento del cervello implicano corrispondenti cambiamenti duraturi in questo macchinario molecolare - a differenza della memoria di un computer, il cervello non è progettato perché possa essere svuotato e nuovamente riempito col preavviso di un solo attimo. La personalità e la memoria a lungo termine sono durature.

Lungo l'intero corpo, cambiamenti duraturi delle funzionalità implicano cambiamenti duraturi del macchinario molecolare soggiacente a quelle funzioni. Quando i muscoli diventano più forti o più rapidi, le loro proteine cambiano in numero e distribuzione. Quando un vivente si adatta a far fronte all'assunzione di alcool, anche il contenuto delle sue proteine cambia. Quando il sistema immunitario impara a riconoscere un nuovo tipo di virus influenzale, il contenuto delle proteine, ancora una volta, cambia. Poiché le macchine basate sulle proteine svolgono compiti come il movimento dei muscoli, la frammentazione di tossine e il riconoscimento dei virus, l'esistenza di questa relazione non è inaspettata.

Nel cervello, le proteine modellano le cellule nervose avvolgendo le loro superfici, legando una cellula alla successiva, controllando le correnti ioniche di ogni impulso neurale, producendo le molecole utilizzate dalle cellule nervose per comunicare fra le sinapsi, e molto, molto altro. Quando le stampanti stampano parole, mettono giù schemi di inchiostro; quando le cellule nervose cambiano il loro comportamento, esse modificano i loro schemi di proteine. La stampa, inoltre, incide la carta, e le cellule nervose vengono anche loro modificate ben più che semplicemente nelle loro proteine, nonostante l'inchiostro sulla carta e le proteine nel cervello possano da sole bastare per determinare questi schemi in modo non equivoco. Le trasformazioni coinvolte sono tutt'altro che impercettibili(3). I ricercatori hanno riscontrato che i cambiamenti a lungo termine nel comportamento delle cellule nervose sono associati a "impressionanti cambiamenti morfologici"(4) nelle sinapsi: queste, infatti, cambiano visibilmente in forma e struttura.

Sembra perciò che la memoria a lungo termine non sia poi quello schema terribilmente delicato che comunemente si pensa, pronto ad evaporare via dal cervello ad ogni scusa. Memoria e personalità sono infatti fermamente incorporati nel modo in cui le cellule del cervello si sono sviluppate ed accresciute assieme, in schemi formati attraverso anni di esperienza. Memoria e personalità non sono più materiali dei personaggi di un romanzo; eppure, proprio come loro, esse sono incorporate in strutture di materia. Memoria e personalità non fuggono via nel momento in cui un paziente esala l'ultimo respiro. Infatti, molti pazienti sono stati recuperati dalla cosiddetta "morte clinica", anche senza l'aiuto di macchine ripara-cellule. Gli schemi della mente vengono distrutti soltanto "quando" e "se" i medici che assistono il paziente consentono al suo cervello di procedere verso la dissoluzione. Questa caratteristica, ancora una volta, permette ai medici una considerevole libertà di azione nella attuazione delle procedure di biostasi: tipicamente, essi hanno bisogno di non arrestare il metabolismo finché non sono cessate le funzioni vitali(5).

Pare quindi che preservare le strutture cellulari e gli schemi proteici del cervello, preservi anche la struttura della mente, e del "sé" associato ad essa. I biologi sanno già come preservare così bene i tessuti. La tecnologia della resurrezione deve attendere l'arrivo delle macchine di riparazione cellulare, ma la tecnologia della biostasi pare essere già saldamente in nostra mano.

Metodi di Biostasi  

L'idea che possediamo già i metodi di biostasi può sembrare sorprendente, poiché potenti nuove abilità raramente spuntano fuori in una notte. Infatti, le tecniche sono vecchie, solo la comprensione della loro reversibilità è nuova. I biologi svilupparono i due principali approcci alla biostasi per altre ragioni.

Per decadi, i biologi hanno usato i microscopi elettronici per studiare la struttura di cellule e tessuti. Per preparare i campioni, sfruttano un processo chimico chiamato fissazione allo scopo di mantenere al loro posto le strutture molecolari. Un metodo molto popolare usa molecole di glutaraldeide, catene flessibili di cinque atomi di carbonio con un gruppo reattivo di atomi di idrogeno e ossigeno ad ogni termine di catena. I biologi fissano i tessuti pompando una soluzione di glutaraldeide lungo i canali sanguinei, consentendo alle molecole di glutaraldeide di diffondersi nelle cellule. Una molecola vaga all'interno della cellula, rotolando casualmente in giro, fino a che uno dei suoi capi terminali entra in contatto con una proteina (o altre molecole reattive della cellula) e si lega ad essa. L'altro termine della catena fluttua libero fino a che, a sua volta, entra in contatto con qualche altra molecola reattiva della cellula. E tutto ciò, di solito risulta nella concatenazione, tramite il glutaraldeide, di due molecole che nella cellula erano soltanto "vicine".

Questo processo di cross-linking [Ndt- Vedi Glossario], concatena tutte le strutture molecolari e le macchine molecolari in modo che risultino infine saldamente connesse in un blocco unico; altri reagenti chimici possono quindi essere aggiunti per completare il lavoro o rafforzare la compattezza del tutto. I microscopi elettronici mostrano che tali procedure di fissazione preservano le cellule e le strutture interne ad esse(6), incluse le cellule e strutture del cervello.

Il primo passo dell'ipotetica procedura di biostasi che ho descritto nel capitolo 7, coinvolge dei semplici dispositivi molecolari in grado di entrare nelle cellule, bloccare il loro macchinario molecolare e legare insieme le strutture, concatenandole perché stiano al loro posto. Le molecole di glutaraldeide si adattano a questa descrizione piuttosto bene. Il passo successivo in questa procedura coinvolge altri dispositivi molecolari in grado di rimuovere l'acqua, per impacchettarla solidamente attorno alle molecole di una cellula. Anche questo corrisponde ad un processo già noto.

Alcuni agenti chimici come glicolpropilene, glicoletilene, e dimetilsolfossido possono diffondersi nelle cellule e sostituirsi alla maggior parte della loro acqua, pur provocando pochi danni. Essi sono noti come "crioprotettori" poiché possono proteggere le cellule dai danni provocati dalle basse temperature. Se rimpiazzano una sufficiente quantità dell'acqua contenuta in una cellula, il raffreddamento non causerà il congelamento ma farà semplicemente diventare sempre più vischiosa la soluzione protettiva, che si trasformerà così mano a mano in un liquido dalla consistenza dapprima simile a quella di un leggero sciroppo, poi a quella del catrame caldo, poi quella del catrame freddo, per divenire infine qualcosa di simile ad un resistente vetro. Infatti, in accordo alla definizione scientifica del termine, la soluzione protettiva ha capacità di contenimento analoghe a quelle del vetro; il processo di solidificazione senza congelamento(7) è detto "vetrificazione". Embrioni di topo(8) dapprima vetrificati e quindi conservati in azoto liquido, sono successivamente in grado di svilupparsi in topolini sani.

Il processo di vetrificazione impacchetta saldamente il vitreo proteggente attorno alle molecole di ogni cellula; la vetrificazione quindi, si adatta alla descrizione che ho dato del secondo stadio della biostasi.
Fissazione e vetrificazione, utilizzate assieme, sembrano procedure adeguate ad assicurare una biostasi sul lungo termine. Per invertire questa forma di biostasi, delle macchine di riparazione cellulare verranno programmate per rimuovere il proteggente vetroso e le concatenazioni fra le molecole della cellula e il glutaraldeide, per poi passare a riparare e rimpiazzare le molecole, ripristinando così cellule, tessuti ed organi, proprio in questo ordine.

La fissazione in congiunzione con la vetrificazione, non è la prima procedura che è stata proposta per la biostasi. Nel 1962 Robert Ettinger, un professore di fisica all'Highland Park College in Michigan, pubblicò un libro(9) suggerendo che i futuri progressi nella criobiologia potrebbero condurre a tecniche per una procedura di congelamento di facile reversibilità e applicabile a pazienti umani. Inoltre suggeriva che i medici, utilizzando tecnologie future, potrebbero essere in grado di riparare e riportare alla vita pazienti che fossero stati congelati con le tecniche odierne, purché il congelamento fosse stato eseguito entro brevissimo tempo dopo l'avvenuta cessazione di segnali vitali. Egli fece notare che le temperature da azoto liquido possono preservare i pazienti per secoli, se necessario, alterandoli ben poco. Egli suggeriva, inoltre, che forse la scienza medica disporrà un giorno di macchine favolose, capaci di ripristinare i tessuti congelati lavorando su una molecola alla volta. Il suo libro diede il via al movimento crionico.

I crionici si sono concentrati sul congelamento perché molte cellule umane spontaneamente(10) si riattivano dopo che siano state sottoposte ad un accorto processo di congelamento e disgelo. E' un mito comune quello secondo cui il congelamento farebbe esplodere le cellule; infatti, il danno da congelamento è ben più sottile di questo, anzi talmente sottile che spesso non lascia segni duraturi. Lo sperma congelato produce regolarmente bambini in salute. Alcuni umani attualmente in vita sono sopravvissuti ad un processo di congelamento spinto fino alle temperature da azoto liquido, da loro subìto quando erano ancora in precoce stato embrionale. I criobiologi stanno attivamente ricercando modi di congelare e scongelare organi vitali(11), per permettere ai chirurghi di conservarli in previsione di un trapianto da effettuare in un tempo differito.

La prospettiva delle future tecnologie di riparazione cellulare ha rappresentato un tema importante fra i crionici (12). Tuttavia essi hanno finora mostrato la tendenza a concentrarsi maggiormente sulle procedure che preservano il funzionamento delle cellule, e lo hanno fatto per ovvie ragioni. I criobiologi hanno mantenuto vitali delle cellule umane congelate per anni. I ricercatori hanno migliorato i loro risultati sperimentando vari miscugli di composti chimici crioprotettivi e controllando attentamente le velocità di raffreddamento e riscaldamento. La complessità della criobiologia offre abbondanti possibilità per ulteriori sperimentazioni. Questa combinazione di tangibile e sorprendente successo, e di promettenti obiettivi per ulteriori studi, ha reso la ricerca di un processo di congelamento facilmente reversibile, uno scopo vivido e attraente per i crionici. Un successo nel congelare e riportare alla vita un mammifero adulto sarebbe infatti indiscutibilmente evidente e persuasivo.

Inoltre, anche una conservazione parziale della funzione dei tessuti lascia intendere che c'è stata una eccellente preservazione della struttura dei tessuti stessi. Le cellule che possono rivivere (o quasi rivivere) anche senza un particolare aiuto, avranno bisogno di scarsa riparazione.

Essendo la comunità dei crionici piuttosto cauta, l'enfasi tradizionalista che hanno posto sulla importanza della preservazione delle funzioni dei tessuti, ha incoraggiato comunque la pubblica confusione. Gli sperimentatori hanno congelato interi mammiferi adulti e successivamente li hanno scongelati senza attendere il momento in cui potranno farsi aiutare dalle macchine ripara-cellule. I risultati sono stati, ad un livello superficiale, scoraggianti: gli animali non sono riusciti a tornare in vita (13). Il pubblico e la comunità medica, entrambi ignari della prospettiva delle macchine di riparazione cellulare, hanno perciò interpretato la biostasi come qualcosa di apparentemente inconcludente.

E, dopo la proposta di Ettinger, pochi criobiologi hanno scelto di sbilanciarsi sul futuro della tecnologia medica con dichiarazioni non supportate. Come Robert Prehoda affermò nel 1967 (14) in un suo libro: "Quasi tutti gli esperti degli stati di metabolismo ridotto, credono che il danno cellulare causato dalle attuali tecniche di congelamento non possa essere rimediato". Naturalmente questi sono gli esperti sbagliati a cui domandare. La questione richiede l'intervento di esperti di tecnologia molecolare e di macchine di riparazione cellulare. Questi criobiologi avrebbero dovuto dire semplicemente che la correzione del danno da congelamento dovrebbe apparentemente richiedere riparazioni a livello molecolare, e che essi non avevano personalmente studiato una tale materia. Invece, hanno involontariamente indotto in equivoco il pubblico su una materia medica di importanza vitale. Le loro affermazioni hanno scoraggiato l'uso di tecniche di biostasi potenzialmente funzionanti (15).

Le cellule sono composte per la maggior parte da acqua. A temperature sufficientemente basse, le molecole d'acqua si uniscono per formare un fine ma solido reticolo di cross-links. Poiché ciò preserva le strutture neurali (16) e quindi gli schemi della mente e della memoria, Robert Ettinger ha apparentemente individuato un approccio potenzialmente funzionante per la biostasi. Mano a mano che progredirà la tecnologia molecolare e che la gente svilupperà una maggiore confidenza con le sue conseguenze, la reversibilità della biostasi (basata sul congelamento, o sulla fissazione, o sulla vetrificazione o su altri metodi) diverrà ancora più ovvia a sempre più gente.

Inversione della Biostasi  

Immaginiamo che un paziente sia spirato a causa di un attacco cardiaco. I medici tentano di resuscitarlo, ma senza successo, ed infine rinunciano al tentativo di ripristinare le sue funzioni vitali. A questo punto, tuttavia, corpo e cervello del paziente sono non più funzionanti solo in apparenza, poiché la maggior parte delle cellule e dei tessuti sono infatti ancora vivi, e presentano ancora attività metabolica. Avendo il paziente preventivamente dettato opportune disposizioni, esso viene prontamente messo in biostasi, per prevenire la sua dissoluzione irreversibile e nell'attesa di tempi migliori.

Gli anni passano. Il paziente cambia ben poco, ma la tecnologia progredisce enormemente. I biochimici imparano a progettare le proteine. Gli ingegneri usano le macchine proteiche per costruire assemblatori, e quindi usano gli assemblatori per realizzare compiutamente una nanotecnologia dalle capacità estese e generali. Con la disponibilità di strumenti del tutto nuovi, la conoscenza biologica esplode. Gli ingegneri biomedici, utilizzando la conoscenza di nuova acquisizione, l'ingegneria automatizzata e gli assemblatori, sviluppano delle macchine di riparazione cellulare di crescente sofisticazione. Per cui, imparano ad arrestare ed invertire l'invecchiamento. I medici, a questo punto, sfruttano l'utilizzo delle tecnologie di riparazione cellulare per resuscitare i pazienti posti in biostasi, cominciando da quelli per i quali si sono usate le tecniche di biostasi più avanzate, e continuando con quelli che sono stati messi in biostasi con l'uso di tecniche meno recenti e più rudimentali. Infine, dopo aver resuscitato con successo anche gli animali che furono messi in biostasi con l'impiego delle vecchie tecniche degli anni '80, i medici tornano ad occuparsi del nostro paziente colpito da attacco cardiaco.

Nella prima fase dei preparativi, il paziente giace in una tanica di azoto liquido circondata da adeguate apparecchiature. Il proteggente vetroso blocca ancora in una salda stretta il macchinario molecolare di ogni cellula del paziente. Questo proteggente deve essere rimosso, ma un semplice riscaldamento potrebbe permettere ad alcune strutture cellulari di liberarsi prematuramente.

Dei dispositivi chirurgici appositamente progettati per l'impiego a basse temperature, raggiungono, attraverso l'azoto liquido, il torace del paziente. Qui essi rimuovono il materiale solido che sigilla i tessuti per aprirsi un accesso verso le principali arterie e vene (17). Un esercito di nanomacchine equipaggiate per rimuovere il proteggente si introduce attraverso queste aperture, ripulendo prima i principali vasi sanguinei e in seguito i capillari. Ciò libera diversi percorsi, che diventano perciò disponibili per la normale attività dei tessuti (18) lungo tutto il corpo del paziente. Altre macchine chirurgiche più grandi, collegano dei tubi al torace del paziente e pompano dei fluidi nel suo sistema circolatorio. Il fluido sciacqua via le macchine iniziali, quelle addette alla rimozione del materiale proteggente (ed in seguito apporterà alle macchine di riparazione i materiali primari necessari per svolgere le riparazioni, e farà defluire via il calore prodotto).

Ora, le macchine pompano nel sistema circolatorio un fluido dall'aspetto latteo contenente migliaia di miliardi di dispositivi che entrano nelle cellule e rimuovono il proteggente vetroso (19), molecola dopo molecola. Essi lo sostituiscono con una sorta di impalcatura molecolare temporanea (20) che lascia ampio spazio per consentire alle macchine di riparazione di lavorare agevolmente. Mano a mano che queste macchine di rimozione del proteggente riportano a nudo le biomolecole, inclusi i componenti strutturali e meccanici della cellula, esse le legano alla impalcatura con dei cross-links temporanei. (Se il paziente ha subito un processo di fissazione tramite impiego di cross-links, anche questi cross-links dovrebbero ora essere rimossi e temporaneamente sostituiti da altri). Quando sia indispensabile scostare le molecole dalla loro posizione, le macchine le assegnano una etichetta numerica (21), che memorizzano per poter successivamente ripristinare il corretto posizionamento della molecola. Come anche altre macchine di riparazione cellulare avanzate, anche questi dispositivi lavorano sotto la direzione di un nanocomputer presente localmente su ogni sito di lavoro.

Quando hanno terminato, queste macchine specializzate per funzionare alle basse temperature, si ritirano. Tramite una sequenza di cambiamenti graduali nella composizione e nella temperatura, una opportuna soluzione acquosa sostituisce il precedente fluido crionico, ed il paziente viene riscaldato al di sopra delle temperature di congelamento. Nuove macchine ripara-cellule vengono pompate nei vasi sanguinei e penetrano nelle cellule. Iniziano le riparazioni.

Piccoli dispositivi esaminano le molecole e riferiscono la loro struttura e posizione a più grandi computer interni alla cellula (22). Il computer identifica le molecole, comanda ogni necessaria riparazione molecolare, e identifica le strutture cellulari in base ai loro schemi molecolari. Dove un qualche danno abbia alterato le disposizioni delle strutture nella cellula, il computer dirige i dispositivi di riparazione per ripristinare la disposizione appropriata, utilizzando dei cross-links temporanei dove necessario. Nel frattempo, le arterie del paziente vengono ripulite e il muscolo cardiaco, danneggiato anni prima, viene riparato.

Alla fine, il macchinario molecolare delle cellule sarà tornato al suo stato originario di ordine funzionante, mentre altre riparazioni più elementari hanno corretto gli schemi danneggiati degli insiemi di cellule, ripristinando così una condizione di salute in tessuti ed organi. L'impalcatura viene rimossa dalle cellule, assieme alla maggior parte dei cross-links temporanei e delle macchine di riparazione. La maggior parte delle molecole attive di ognuna delle cellule resta però bloccata, per prevenire l'insorgere di una attività che sarebbe prematura in quanto non correttamente equilibrata.

All'esterno del corpo, il sistema di riparazione ha prodotto del sangue fresco, sviluppandolo a partire dalle stesse cellule del paziente. Questo sangue viene ora trasfuso nel paziente per riempire nuovamente il suo sistema circolatorio, ed agisce con l'ausilio di una pompa esterna nel ruolo di temporaneo cuore artificiale. I dispositivi rimasti in ogni cellula correggono ora le concentrazioni dei sali, degli zuccheri, dell'ATP e di altre piccole molecole, in gran parte grazie allo sbloccaggio selettivo del nanomacchinario nativo di ogni singola cellula. Mano a mano che procede la liberazione del macchinario naturale, il metabolismo riprende, passo dopo passo; il muscolo cardiaco viene finalmente sbloccato e condotto fin sul margine di incipiente contrazione. Il battito cardiaco riprende, ed il paziente ritorna a vivere sebbene ancora in uno stato di anestesia. Mentre i medici controllano che tutto stia procedendo bene, il sistema di riparazione chiude l'apertura nel torace, congiungendo i tessuti ai tessuti, uno dopo l'altro e senza lasciare cuciture o cicatrici. I dispositivi che sono rimasti nelle cellule si disassemblano l'uno con l'altro, dissolvendosi in molecole nutritive. Mano a mano che il paziente si sposta dallo stato di anestesia verso uno di sonno ordinario, alcuni visitatori entrano nella stanza, come da lungo tempo pianificato.

Per finire, il sognatore si sveglierà riposato, alla luce di un nuovo giorno, e alla vista dei suoi vecchi amici.

Mente, Corpo ed Anima  

Prima di prendere in considerazione la resurrezione, comunque, qualcuno potrebbe chiedersi che cosa accada all'anima di una persona in biostasi. Alcune persone potrebbero rispondere che l'anima e la mente sono aspetti della stessa cosa, aspetti di uno schema incorporato nella sostanza del cervello, la quale è attiva durante la vita attiva mentre è invece quiescente durante la biostasi. Assumiamo comunque, per un momento, che lo schema della mente, della memoria e della personalità, abbandoni il corpo alla morte, trasportata via da qualche elusiva sostanza. Le eventualità sembrano abbastanza chiare. La morte in questo caso significa ben altro che un irreversibile danno del cervello, dovendo invece definirsi come una irreversibile dipartita dell'anima. Questo renderebbe la biostasi una procedura priva di scopo ma in ogni caso innocua: dopo tutto, i capi religiosi non hanno espresso alcuna preoccupazione che la semplice preservazione del corpo possa in qualche modo imprigionare un'anima. Secondo questa visione delle cose, perché la resurrezione possa risultare in un successo, essa dovrebbe presumibilmente necessitare anche della cooperazione dell'anima. E' infatti già accaduto che la posa in biostasi di un paziente, sia stata accompagnata sia da cerimonie Cattoliche che Giudaiche.

Con o senza la biostasi, la riparazione cellulare non può portare l'immortalità. La morte fisica, per quanto grandemente posticipata, resterà radicata nella natura dell'universo. La biostasi e la successiva riparazione cellulare non sembrano quindi alimentare nessuna fondamentale teologia. La biostasi somiglia più ad una anestesia totale, seguita poi da una operazione chirurgica salva-vita: entrambe le procedure, biostasi ed anestesia, interrompono la continuità della coscienza per prolungare la vita. Parlare di "immortalità" quando la prospettiva è solo la longevità equivarrebbe ad ignorare i fatti o utilizzare impropriamente le parole.

Reazioni e Discussioni  

La prospettiva della biostasi sembra tagliata su misura per provocare reazioni di "shock da futuro". La maggior parte della gente ritiene che l'odierna accelerazione dei cambiamenti sia sufficientemente scioccante quando giunge un poco alla volta. Ma la validità dell'opzione della biostasi è una implicazione odierna di una intera serie di passi avanti tecnologici futuri. Ovviamente, questa prospettiva stravolge i difficili aggiustamenti psicologici con cui la gente affronta il declino fisico.

Stando così le cose, ho costruito gli argomenti a favore della possibilità di macchine di riparazione cellulare e biostasi partendo da fatti comunemente noti della biologia e della chimica. Ma cosa ne pensano i biologi professionisti riguardo ai problemi di base? In particolare, credono (1) che le macchine di riparazione saranno in grado di correggere il tipo di danno da cross-linking prodotto dalla fissazione, e (2) che la memoria sia effettivamente incorporata da una forma fisica preservabile?

Dopo una discussione sulle macchine molecolari e sulle loro capacità - una discussione che non ha toccato nessuna implicazione di carattere medico - il Dottor Gene Brown, professore di biochimica e presidente del dipartimento di biologia del MIT, ha acconsentito ad essere citato come autore dell'affermazione seguente: "Dati tempo e sforzi sufficienti per sviluppare macchine molecolari artificiali e per condurre studi dettagliati sulla biologia molecolare della cellula, dovrebbero emergere capacità generali molto estese. Fra queste, potrebbe esserci la capacità di separare le proteine (o altre biomolecole) da strutture a cui sono vincolate da cross-links, e di identificare, riparare e rimpiazzare tali proteine". Questa affermazione individua una parte significativa del problema di riparazione delle cellule. Essa è stata consistentemente approvata, in seguito a discussioni analoghe nei due casi, sia da un campione di biochimici e di biologi molecolari selezionati presso il MIT, che da un altro campione di biochimici selezionato presso Harvard.

Dopo una discussione sul cervello e sulla natura fisica della memoria e della personalità - ancora una volta una discussione che non ha toccato alcuna implicazione medica - il Dottor Walle Nauta (docente di neuro-anatomia al MIT) ha acconsentito ad essere citato come autore della seguente affermazione: "Sulla base della nostra attuale conoscenza della biologia molecolare dei neuroni, penso che i più concorderanno che le modificazioni prodotte durante il consolidamento della memoria a lungo termine siano rispecchiate da corrispondenti trasformazioni nel numero e nella distribuzione di particolari molecole proteiche presenti nei neuroni del cervello". Analogamente all'affermazione del Dottor Brown, anche questa individua un punto chiave riguardo la corretta funzionalità della biostasi. Anche questa è stata consistentemente approvata da altri esperti, dopo essere stata discussa in un contesto idoneo ad isolare gli esperti da qualunque pregiudizio emozionale che sarebbe potuto risultare dalle implicazioni mediche dell'affermazione. Inoltre, poiché questi punti sono strettamente e direttamente correlati ai campi di specializzazione rispettivi del Dottor Brown e del Dottor Nauta, i due dottori sono esperti appropriati a cui porre domande su tali questioni.

A quanto pare, quindi, l'impulso umano verso la sopravvivenza dovrebbe spingere molti milioni di persone verso l'impiego della biostasi (almeno come ultima risorsa), una volta che queste persone si siano convinte della sua possibilità di funzionare. Mano a mano che la tecnologia molecolare progredirà, la comprensione delle macchine ripara-cellule si diffonderà e si radicherà nella cultura popolare. Le opinioni degli esperti supporteranno l'idea in misura via via crescente. La biostasi diverrà sempre meno insolita, ed il suo costo crollerà. Pare probabile che molte persone potrebbero infine considerare la biostasi come la norma, come un trattamento salva-vita standard per pazienti ormai spirati.

Ma fino a che le macchine di riparazione cellulare non saranno dimostrate, la fin troppo umana tendenza ad ignorare ciò che non abbiamo potuto verificare con i nostri occhi rallenterà l'accettazione della biostasi. Milioni di persone non saranno sfiorati da nessun dubbio nel passare dall'espirazione alla dissoluzione, per abitudine o per tradizione e giustificandosi con deboli argomentazioni. L'importanza di una chiara preveggenza in questa materia rende importante considerare le argomentazioni possibili prima di chiudere la discussione sull'estensione della vita e passare a trattare altre questioni. Quindi, perché la biostasi non dovrebbe apparirci come una idea naturale ed ovvia?

Perché la macchine di riparazione cellulare non esistono ancora  

Potrebbe sembrare strano salvare una persona dalla dissoluzione nell'attesa di acquisire la capacità di ripristinare la sua salute, visto che la tecnologia di riparazione non esiste ancora. Ma non è molto più strano risparmiare denaro per mandare in futuro un figlio all'università? Dopotutto, anche lo studente in età da universitario non esiste ancora. Risparmiare denaro ha senso perché il figlio crescerà fino alla maturità; risparmiare una persona dalla dissoluzione ha senso perché la tecnologia molecolare maturerà.

Ci aspettiamo che un figlio cresca fino alla maturità perché abbiamo visto molti altri bambini crescere fino alla maturità; possiamo attenderci che questa tecnologia maturerà perché abbiamo visto molte altre tecnologie maturare. Vero è che alcuni bambini soffrono di deficienze congenite, come pure ne soffrono alcune tecnologie, ma spesso gli esperti possono stimare il potenziale di un bambino o di una tecnologia mentre l'uno e l'altra sono ancora giovani.

La tecnologia microelettronica è partita da pochi granellini e filamenti disposti su una fettina di silicio, ma è cresciuta fino ai computer basati sui chip. I fisici come Richard Feynman(24) videro, in parte, quanto lontano questa tecnologia sarebbe andata.

La tecnologia nucleare è partita dalla scissione in laboratorio di pochi atomi sottoposti ad un bombardamento di neutroni, ma è cresciuta fino ai reattori nucleari da miliardi di watt e alle bombe nucleari. Leo Szilard vide, in parte, quanto lontano questa tecnologia sarebbe andata.

La tecnologia dei razzi a combustibile liquido è partita da rudimentali razzi lanciati da un campo nel Massachusetts, ma è cresciuta fino alle navi lunari e gli space shuttle. Robert Goddard vide, in parte, quanto lontano questa tecnologia sarebbe andata.

L'ingegneria molecolare è partita dalla chimica ordinaria e dall'impiego di macchine molecolari prese a prestito dalle cellule viventi, ma essa, come già altre tecnologie, crescerà immensamente. Ed anch'essa porta con sé conseguenze del tutto peculiari.

Perché delle macchine così minuscole mancano di sensazionalità

Abbiamo la tendenza ad attenderci risultati sensazionali solo da fatti sensazionali, ma il mondo spesso non sembra cooperare con questo nostro atteggiamento. La natura consegna i suoi trionfi e i suoi disastri entrambi avvolti in banale carta marrone da imballaggi.

FATTO BANALE: Certi interruttori elettrici possono stare in uno solo di due stati: acceso o spento. Questi interruttori possono essere prodotti molto piccoli in dimensioni, e poco dispendiosi in termini di consumo d'energia elettrica.

LA SUA SENSAZIONALE CONSEGUENZA: Se adeguatamente connessi, questi interruttori formano computer, i motori della rivoluzione dell'informazione.

FATTO BANALE: L'etere non è eccessivamente velenoso, e tuttavia riesce ad interferire temporaneamente con l'attività del cervello.

LA SUA SENSAZIONALE CONSEGUENZA: La fine dell'agonia inflitta dalla chirurgia su pazienti coscienti, apre una nuova era nella medicina.

FATTO BANALE: Muffe e batteri competono per il cibo, sicché alcune muffe hanno sviluppato la capacità di secernere veleni per uccidere i batteri.

LA SUA SENSAZIONALE CONSEGUENZA: La penicillina, la sconfitta di molte malattie batteriche e il salvataggio di milioni di vite umane.

FATTO BANALE: Le macchine molecolari possono essere utilizzate per maneggiare molecole e per costruire interruttori meccanici di dimensione molecolare.

LA SUA SENSAZIONALE CONSEGUENZA: Macchine ripara-cellule dirette da nanocomputer, rendono possibile curare potenzialmente qualunque malattia.

FATTO BANALE: Memoria e personalità sono incorporate in strutture cerebrali che è possibile preservare.

LA SUA SENSAZIONALE CONSEGUENZA: Le tecniche attuali possono prevenire la dissoluzione, permettendo alla generazione presente di avvantaggiarsi delle macchine di riparazioni cellulare di domani.

Di fatto, le macchine molecolari non sono poi così banali. Poiché i tessuti sono fatti di atomi, ci si dovrebbe ben aspettare che macchine capaci di maneggiare atomi e modificare le loro disposizioni debbano avere conseguenze mediche drammatiche.

Perché tutto ciò sembra troppo incredibile

Ma noi viviamo nel secolo dell'incredibile. In un articolo intitolato "L'idea del progresso" in Astronautics and Aeronautics, l'ingegnere aereospaziale Robert T. Jones(25) ha scritto: "Nel 1910, l'anno in cui sono nato, mio padre era un pubblico ministero. Egli ha percorso tutte le polverose strade della contea di Maconn in un calesse trainato da un singolo cavallo. Lo scorso anno io ho volato ininterrottamente da Londra a San Francisco passando sulle regioni polari, trascinato attraverso l'aria da motori con potenza di 50.000 cavalli vapore". Ai giorni di suo padre, l'idea di aereoplani di questo tipo sconfinava nella fantascienza, essendo semplicemente troppo incredibile per essere presa in considerazione.

In un articolo intitolato "Basic Medical Research: A Long-Term Investment" nel Technology Review, la rivista redatta presso il MIT, il Dottor Lewis Thomas(26) ha scritto: "Quarant'anni fa, proprio prima di subire una trasformazione da arte a scienza e tecnologia, si riteneva scontato che la medicina che insegnavamo fosse esattamente la medicina che avremmo avuto per tutta la durata delle nostre vite. Se qualcuno avesse tentato di raccontarci che il potere di controllo delle infezioni batteriche era appena dietro l'angolo, che la chirurgia a cuore aperto o i trapianti di reni sarebbero divenuti possibili entro un paio di decadi, che certi tipi di cancro sarebbero divenuti curabili con la chemioterapia, e che presto avremmo conquistato una esauriente comprensione biochimica della genetica, e delle malattie con cause genetiche, avremmo reagito con una disinteressata incredulità. Non abbiamo alcuna ragione di credere che la medicina non cambierà ancora. Ciò che suggerisce questo ricordo è che dovremmo mantenere le nostre menti molto ben aperte nel futuro".

Perché tutto questo sembra troppo bello per essere vero.

Di fatto, tutte le più recenti novità sui modi per evitare esiti fatali della maggior parte delle malattie, potrebbero sembrare troppo belle per essere vere - come è giusto che sia poiché tali novità non sono che una piccola parte di una storia più vasta ed equilibrata. Ed in effetti, i pericoli della tecnologia molecolare riequilibrano aspramente le sue promesse. Nella parte terza mi occuperò di delineare le ragioni per le quali la nanotecnologia deve considerarsi più pericolosa delle armi nucleari.

Fondamentalmente, tuttavia, la natura non si cura affatto del nostro senso del bene e del male come pure non si cura della nostra tendenza ad immaginare un equilibrio fra le due cose. In particolare, la natura non odia gli esseri umani abbastanza da alzare una barricata contro di noi. In passato sono già svaniti altri antichi orrori.

Anni fa, i chirurghi si sforzavano di amputare le gambe con rapidità. Robert Liston di Edimburgo, in Scozia, una volta segò da lato a lato la coscia di un paziente in un tempo record di 33 secondi e rimuovendo durante l'operazione tre dita appartenenti ai suoi assistenti. I chirurghi lavoravano rapidamente per accorciare l'agonia dei loro pazienti, poiché questi rimanevano coscienti.

Se le malattie terminali in assenza di biostasi sono un incubo oggi, consideriamo la chirurgia nei giorni dei nostri antenati: il bisturi che fende le carni, il sangue che sgorga, la sega che stride contro le ossa di un paziente cosciente. Già nell'ottobre del 1846, W. T. G. Morton e J. C. Warren rimossero un tumore da un paziente anestetizzato da etere; Arthur Slater ha testimoniato che il loro successo "fu giustamente salutato come la grande scoperta dell'epoca". Con tecniche semplici e basate su un agente chimico conosciuto, il risveglio dall'incubo del bisturi e della sega, durato fin troppo, era finalmente giunto.

Con la fine dell'agonia, la chirurgia divenne più diffusa, e con essa anche le infezioni chirurgiche e quindi l'orrore delle morti di routine causate dalla cancrena delle carni interne al corpo. Tuttavia, nel 1867 Joseph Lister pubblicò(27) i risultati dei suoi esperimenti con il fenolo, stabilendo i principi della chirurgia antisettica. Con tecniche semplici basate su un noto agente chimico, l'incubo di essere decomposti in vita venne drammaticamente allontanato. E poi giunsero i farmaci sulfamidici e la penicillina, che posero fine a molte malattie mortali in un colpo solo. E la lista continua.

Altri drammatici passi avanti tecnologici si sono già verificati in passato, alcuni grazie a nuovi utilizzi di reagenti chimici già noti, come nel caso dell'anestesia e della chirurgia antisettica. Sebbene questi progressi potessero sembrare troppo belli per essere veri, si dimostrarono realmente possibili. La salvezza di vite umane grazie all'impiego di reagenti chimici già noti o delle procedure di biostasi può, nella stessa misura, dimostrarsi una realtà.

Perché i medici attualmente non utilizzano la biostasi.

Robert Ettinger propose una tecnica di biostasi nel 1962. Egli affermò che il Professor Jean Rostand aveva proposto lo stesso approccio già qualche anno prima, pronosticandone il suo eventuale impiego in medicina. Perché la biostasi per congelamento non riesce a divenire popolare? In parte a causa della sua spesa iniziale, in parte a causa della inerzia umana ed in parte perché resta oscuro ai più cosa s'intenda per macchine di riparazione cellulare. Tuttavia, anche il radicato conservatorismo tipicamente associato alla professione medica ha giocato un suo ruolo. Consideriamo ancora una volta la storia della anestesia.
Nel 1846, Morton e Warren sorpresero il mondo con la "scoperta dell'epoca", l'anestesia da etere. Appena due anni più tardi, Horace Wells utilizzò l'anestesia con protossido di azoto, e due anni dopo ancora Crawford W. Long effettuò una operazione utilizzando etere. Nel 1824, Henry Hickman anestetizzò con successo degli animali impiegando dell'ordinario diossido di carbonio; in seguito spese anni tentando di convincere i chirurghi Inglesi e Francesi a sperimentare il protossido di azoto come anestetico. Nel 1799, ben quarantasette anni prima della grande "scoperta" ed anni prima che gli assistenti di Liston perdessero le loro dita, Sir Humphry Davy scrisse(28): "Poiché il protossido di azoto sembra capace di disinnescare il dolore fisico, potrebbe eventualmente essere impiegato durante le operazioni chirurgiche".

Tuttavia, in un epoca ancora più tarda come quella del 1839, la conquista del dolore sembrava ancora, a molti medici, un sogno impossibile da realizzare. Il Dottor Alfred Velpeau dichiarò: "L'abolizione del dolore in chirurgia è una chimera. E' assurdo che oggi si vada alla sua ricerca. 'Bisturi' e 'dolore' sono due parole della chirurgia che, nella coscienza del paziente, dovranno sempre accompagnarsi. A questa compulsiva combinazione non resta che adattarsi".

Molti temevano il dolore della chirurgia più della morte stessa. Forse è giunto il momento di risvegliarsi dall'ultimo dei nostri incubi medici.

Perché non è stato dimostrato che possa funzionare.

E' vero che nessun esperimento può attualmente dimostrare che un paziente può resuscitare da una condizione di biostasi. Ma l'esistenza di una domanda generalizzata per una tale dimostrazione conterrebbe implicitamente un assunto nascosto, ossia che la medicina si è avvicinata talmente ai limiti finali del possibile che non dovrà mai più preoccuparsi della eventualità di nuovi progressi futuri. Una tale domanda potrebbe sembrare cauta e ragionevole, ma di fatto puzza di tracotante arroganza.

Sfortunatamente, una dimostrazione è esattamente quello che i medici hanno tentato di realizzare, e per buone ragioni: essi desiderano evitare procedure inutilizzabili che potrebbero portar danno. Forse basterà la noncuranza nei confronti della biostasi per produrre il più ovvio ed irreversibile dei danni.

Tempo, Costo ed Azione Umana  

La scelta, per la gente, di utilizzare o meno, la biostasi, dipenderà dalla circostanza che essa pensi o meno che valga la pena tentare un tale azzardo. La valutazione di questo azzardo chiama in causa il valore che si da alla vita (che è una questione personale), il costo della biostasi (che pare ragionevole in base agli standard della medicina moderna), la probabilità che la tecnologia potrà funzionare (che pare eccellente), e la probabilità che l'umanità sopravvivrà, svilupperà la tecnologia e riporterà in vita le persone poste in biostasi. Questo ultimo punto concentra su di sé la maggior parte della incertezza complessiva.

Assumiamo che gli esseri umani e la società libera sopravviva (nessuno può calcolare la probabilità che si realizzi una tale ipotesi, ma dare per scontato un fallimento scoraggerebbe gli sforzi concreti per promuovere il successo). Se ciò avverrà, la tecnologia continuerà a progredire. Lo sviluppo degli assemblatori richiederà anni. Studiare le cellule ed apprendere come riparare i tessuti dei pazienti in biostasi, richiederà ancor più tempo. Come stima ipotetica, lo sviluppo di sistemi di riparazione e il loro adattamento per una applicazione alla resurrezione richiederà dalle tre alle dieci decadi, sebbene progressi nella ingegneria automatizzata potrebbero accelerare il processo.

Il tempo richiesto sembra comunque senza importanza. Per la maggior parte dei pazienti sarà molto più importante quale sarà la condizione di vita il giorno del loro risveglio, e se saranno presenti amici e parenti, piuttosto che quale sarà la data di calendario. Grazie all'abbondanza di risorse, la condizione fisica della vita potrebbe essere in effetti molto buona. La presenza di amici e parenti è tutt'altra questione.

In un sondaggio di recente pubblicazione, oltre la metà degli interpellati ha dichiarato che, se fosse data loro una possibilità di scegliere liberamente, vorrebbero vivere al massimo per cinquecento anni. I sondaggi informali mostrano perciò che la maggior parte della gente preferisce la biostasi alla dissoluzione, se la biostasi può far riconquistare loro una buona salute e la opportunità di esplorare un nuovo futuro in compagnia dei loro vecchi amici e parenti. Una minoranza di persone ha detto che "vorrebbero andar via quando verrà il momento" ma essi generalmente concordano che, finché gli si offre la possibilità di vivere ulteriormente, il loro momento non sarà ancora arrivato. Sembra che molta gente odierna condivida il desiderio di Benjamin Franklin, ma lo fa in un secolo che è capace di soddisfarlo. Se la biostasi facesse sufficienti proseliti (o se altre tecnologie di estensione della vita facessero dei progressi sufficientemente rapidi), allora un paziente resuscitato non si risveglierebbe in un mondo di estranei, ma vedendo i sorrisi di volti familiari.

Ma la gente in biostasi verrà davvero resuscitata? Le tecniche per mettere in biostasi dei pazienti sono già note, ed il costo di tali tecniche potrebbe anche diventare basso, quanto meno al confronto di quello di grossi interventi chirurgici o cure e degenze ospedaliere prolungate. Le tecnologie della resurrezione, tuttavia, saranno complesse e dispendiose da sviluppare. La gente del futuro si impegnerà nel loro sviluppo?

Sembra probabile che gli uomini del futuro lo faranno. Essi potrebbero anche sviluppare la nanotecnologia senza pensare in modo prioritario alle applicazioni mediche, ma in tal caso riusciranno di sicuro a divenire capaci di sviluppare computer migliori. Potrebbero sviluppare delle macchine ripara-cellule senza pensare in modo prioritario alla resurrezione, ma poi la realizzeranno di certo per poter curare se stessi. Potrebbero non sentirsi spinti a compiere un gesto di carità impersonale come quello di programmare le macchine per la resurrezione, ma d'altronde essi avranno abbondanza di tempo, di benessere materiale e di sistemi di ingegneria automatizzata, e per alcuni di loro, quelli che attendono in biostasi, sarebbero sentimentalmente importati. Sembra perciò certo che le tecniche saranno effettivamente sviluppate.

Verrà un tempo in cui, grazie ai replicatori e alle risorse spaziali, la gente avrà benessere e spazio per vivere oltre mille volte più grande di quello che abbiamo oggi. La resurrezione stessa richiederà perciò meno energia e materiali, persino rispetto a quelli che sono gli standard odierni. Quindi, la gente del futuro che dovrà occuparsi delle resurrezioni, riterrà che esista ben poco conflitto fra i propri interessi personali e le loro preoccupazioni umanitarie. Le normali motivazioni umane sembrano sufficienti ad assicurare che la popolazione attiva del futuro sveglierà quelli che si trovano in biostasi.

La prima generazione che riconquisterà la sua giovinezza senza essere costretta a ricorrere alla biostasi, potrebbe anche già essere fra noi oggi. La prospettiva della biostasi semplicemente fornisce, a più gente, motivo maggiore di attendersi la longevità. Essa offre una opportunità per i vecchi e una forma di assicurazione per i giovani. Mano a mano che i progressi nella biotecnologia condurranno verso la progettazione di proteine, gli assemblatori e la riparazione cellulare, e mano a mano che le implicazioni verranno recepite, l'aspettativa per una vita lunga si diffonderà. La biostasi, allargando la strada d'accesso verso la longevità, incoraggerà un interesse più intenso per il futuro. E ciò incoraggerà gli sforzi per prepararci ai pericoli che abbiamo davanti.

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Capitolo 10: I limiti dello sviluppo  

La Struttura del Vuoto
La Fisica Verrà Stravolta Ancora?
I Limiti dell'Hardware
Entropia: Un Limite all'Uso di Energia
I Limiti delle Risorse
Malthus
Qualcuno Potrebbe Fermarci?
Sviluppo nell'Ambito dei Limiti
Uno Sguardo ai Limiti

La scacchiera è il mondo, i pezzi sono i fenomeni dell'universo, le regole di gioco sono quelle che noi chiamiamo leggi della natura
- T. H. HUXLEY

Nell'ultimo secolo abbiamo sviluppato aereoplani, navette spaziali, energia nucleare e computer. Nel prossimo svilupperemo assemblatori, replicatori, ingegneria automatizzata, volo spaziale economico, macchine di riparazione cellulare e molto altro. Questa serie di passi avanti tecnologici potrebbe suggerire che la corsa tecnologica progredirà senza limiti. Secondo questo modo di vedere, infrangeremo tutte le barriere immaginabili, lanciandoci a capofitto in un infinito inconoscibile; ma sembra proprio che questa visione sia falsa.

Le leggi della natura e le condizioni del mondo limiteranno quello che faremo. Senza limiti, il futuro sarebbe completamente sconosciuto, una cosa informe che si fa beffe dei nostri sforzi di previsione e pianificazione. Se invece ha dei limiti, il futuro resta pur sempre una turbolenta incertezza ma è comunque obbligato a scorrere entro certi confini.

Dai limiti naturali impariamo qualcosa riguardo ai problemi e alle opportunità che fronteggiamo. I limiti definiscono i confini del possibile, indicandoci quali risorse possiamo utilizzare, quanto velocemente la nostra nave spaziale potrà volare, e le cose che le nostre nanomacchine potranno o non potranno fare.
Discutere i limiti è rischioso: possiamo essere più sicuri che qualcosa sia possibile piuttosto che qualcos'altro non lo sia. Gli ingegneri possono discuterne utilizzando approssimazioni e casi speciali. E dotati di strumenti, materiali e tempo adeguati, possono anche dimostrare le possibilità in modo diretto. Anche quando elaborano dei disegni di progetto esplorativi, possono restare ben all'interno del reame del possibile se stanno attenti a mantenersi ben lontano dai limiti. Gli scienziati, al contrario, non possono dimostrare una teoria di carattere generale, ed ogni loro dichiarazione generale di impossibilità è di per se stessa una sorta di teoria generale. Nessun esperimento specifico (poiché si riferisce necessariamente ad un qualche specifico luogo ed un qualche specifico istante) può dimostrare l'impossibilità assoluta di qualcosa (impossibilità ovunque e sempre). E nemmeno è possibile effettuare un numero indefinitamente grande di esperimenti.

Tuttavia, le leggi scientifiche generali forniscono delle descrizioni dei limiti del possibile. Nonostante gli scienziati non possano provare una legge generale, hanno comunque evoluto la nostra migliore immagine disponibile di come funzioni l'universo. Ed anche se esperimenti esotici ed eleganti trattazioni matematiche trasformeranno ancora il nostro concetto di legge fisica, ben pochi limiti ingegneristici ne risulteranno spostati. La relatività non ha influenzato il progetto di automobili.

La mera esistenza di limiti definitivi non significa che essi stiano sul punto di soffocarci, e tuttavia molte persone ne hanno derivato l'idea che i limiti metteranno presto fine alla crescita. Questo concetto semplifica la loro immagine di un futuro perché lascia fuori dal quadro gli strani nuovi sviluppi a cui la crescita condurrà. Altra gente preferisce la nozione ancora più sfocata di crescita limitata, un concetto che offusca la loro immagine del futuro suggerendo che esso sarà del tutto incomprensibile.

Le persone che confondono la scienza con la tecnologia, tendono a fare confusione riguardo ai limiti. Come fa notare il progettista software Mark S. Millert, esse immaginano che nuova conoscenza significhi sempre nuovo know-how; alcuni immaginano anche che conoscere tutto ci permetterebbe di poter fare tutto. I progressi nella tecnologia, in effetti, apportano nuovo know-how, aprendo così nuove possibilità. Ma i progressi nelle scienze basilari, più modestamente, si limitano a redisegnare la nostra mappa dei limiti definitivi; e questo, spesso rivela delle nuove impossibilità. Le scoperte di Einstein, per esempio, mostrarono che nulla poteva pareggiare in velocità la corsa di un raggio luminoso.

La Struttura del Vuoto  

La velocità della luce è un vero limite? Fra la gente, qualcuno un tempo parlava di "barriera del suono" credendo che fosse qualcosa che dovesse impedire ad un aereoplano di superare la velocità del suono. Finché, alla Base Edwards dell'Air Force, nel 1947, Chuck Yeager squarciò il cielo di ottobre con un rimbombo sonico. Oggi, certe persone parlano della "barriera della luce" chiedendosi se anche questa, potrà cadere.

Sfortunatamente per gli scrittori di fantascienza, questo parallelo è superficiale. Nessuno potrebbe mai sostenere che la barriera del suono fosse stata un reale limite fisico. Meteoriti e pallottole la infrangono quotidianamente, e persino le sferzate di una frusta lo fanno. Ma nessuno ha osservato qualcosa muoversi più veloce della luce. Alcuni puntini distanti osservati grazie ai radiotelescopi, a volte sembrano muoversi più veloci della luce, ma alcuni semplici trucchi di prospettiva ottica possono facilmente spiegare come ciò possa accadere. Alcune particelle ipotetiche denominate "tachioni " dovrebbero muoversi più veloci della luce, se esistessero. Ma nessuno le ha ancora trovate, e le teorie correnti non prevedono la loro esistenza. Gli sperimentatori sono riusciti a spingere i protoni fino a velocità pari a più del 99,9995 percento della velocità della luce, con risultati perfettamente in accordo con le previsioni di Einstein. Se la particella viene accelerata ulteriormente, la sua velocità cresce verso valori più vicini alla velocità della luce in molto più impercettibile, ma nel contempo la sua energia (la sua massa) cresce quasi senza limite.

Sulla Terra, una persona può camminare o navigare solo fino a certe distanze, ma in ogni caso nessun orlo o barriera misteriosa blocca improvvisamente il suo cammino. Semplicemente, la Terra è tonda. Il limite di velocità nello spazio non implica una "barriera della luce" più di quanto i limiti di distanza sulla Terra implichino un muro. Lo spazio stesso, il vuoto che detiene tutta l'energia e la materia, ha delle proprietà. Una di queste è la sua geometria, la quale può essere descritta guardando al tempo come una speciale "dimensione". Questa geometria fa sì che la velocità della luce receda mano a mano che una nave spaziale accelera, come l'orizzonte recede innanzi ad una nave in movimento sul mare: la velocità della luce, come l'orizzonte, è sempre ugualmente remota in ogni direzione. Ma l'analogia finisce qui. Questa somiglianza non ha nulla a che fare con la curvatura dello spazio. È sufficiente ricordare che la velocità limitante non è nulla di così grossolano o frangibile come sarebbe una ipotetica "barriera della luce" (1). Gli oggetti possono sempre andare più veloci di quanto stiano andando, soltanto non possono andare più veloci della luce.

La gente ha a lungo sognato di conquistare il controllo gravitazionale. Nell'edizione del 1962 di Profiles of the Future, Arthur C. Clarke scrisse (2): "Di tutte le forze, la gravità è la più misteriosa e la più implacabile", e proseguì suggerendo che un qualche giorno svilupperemo dei dispositivi adatti a controllare la gravità. Tuttavia, la gravità è davvero così misteriosa? Nella teoria della relatività generale, Einstein descrive la gravità come curvatura nella struttura spazio-temporale del vuoto. La matematica che esprime tale descrizione è elegante e precisa nonché tale da poterne ricavare predizioni che hanno superato ogni verifica sperimentale finora escogitata.

La gravità non è ne più ne meno implacabile di altre forze. Nessuno può sottrarre ad un masso la sua gravità, ma neanche può sottrarre ad un elettrone la sua carica elettrica o ad una corrente il suo campo magnetico. Sappiamo controllare i campi elettrici ed i campi magnetici tramite lo spostamento delle particelle che li generano; possiamo in modo analogo controllare i campi gravitazionali spostando delle comunissime masse. Sembra quindi che non possiamo imparare il segreto del controllo di gravità, perché lo conosciamo già.

Un bambino con una piccola calamita può sollevare un chiodo, usando un campo magnetico per sovrastare la trazione gravitazionale. Ma, per sfortuna degli aspiranti ingegneri gravitazionali, usare la gravità per sollevare un chiodo richiederebbe una massa spaventosa. Se il pianeta Venere fosse appeso proprio sopra la vostra testa, si riuscirebbe a farlo a malapena, quantomeno finché il pianeta non vi cade addosso.

Gli ingegneri generano onde elettromagnetiche facendo oscillare cariche elettriche avanti ed indietro in una antenna; si potrebbero generare onde gravitazionali agitando una roccia nell'aria. Ma, ancora una volta, l'effetto gravitazionale è debole. Nonostante una stazione radio con potenza di un kilowatt non sia nulla di straordinario, l'agitarsi e il ruotare di tutte le masse dell'intero sistema solare non riesce ad irradiare un altrettanto kilowatt di potenza in onde gravitazionali.

Comprendiamo sufficientemente bene la gravità; semplicemente essa non è di molta utilità nella costruzione di macchine che siano più leggere della Luna. Ma alcuni dispositivi che utilizzano masse più grandi riescono a funzionare. Una diga idroelettrica fa parte di una macchina gravitazionale (l'altra parte è la Terra) che estrae energia dalla caduta di masse. Macchine che usino "buchi neri", sulla base della formula E=mc2 saprebbero estrarre energia dalla caduta di masse, con una efficienza superiore al cinquanta percento. Calando giù in un buco nero un singolo secchio pieno d'acqua, se ne ricaverebbe altrettanta energia di quella che si otterrebbe scaricando diverse migliaia di miliardi di secchi d'acqua attraverso i generatori di una diga alta un chilometro.

Poiché le leggi della gravità descrivono come si curva il vuoto, esse si applicano anche a speculazioni come quelle delle "space warps" (deformazioni spaziali) di stile fantascientifico. Pare che dei tunnel da un punto all'altro dello spazio sarebbero instabili, persino ammesso che si possa anzitutto crearli. Ciò impedirebbe alle navi spaziali del futuro di raggiungere punti molto distanti grazie ad un viaggio a velocità superiori a quelle della luce che venga ottenuto passando attraverso una sorta di scorciatoia che aggiri lo spazio intercorrente. E questo pone anche un limite alla possibilità di viaggio, che a sua volta impone un limite alla espansione e allo sviluppo.

Le leggi di Einstein sembrano dare una descrizione accurata della geometria complessiva del vuoto. Se è così, i limiti che ne risultano sembrano inevitabili: ci si può sbarazzare di quasi qualunque cosa, ma non del vuoto stesso.

Sembra altrettanto impossibile sfuggire ad altre leggi e limiti, e per ragioni analoghe. Infatti, i fisici hanno iniziato, in misura sempre maggiore, a guardare a tutte le leggi della natura in termini di struttura del vuoto. Le onde gravitazionali sono un certo tipo di increspature ondulatorie del vuoto; i buchi neri sono un certo tipo di distorsioni del vuoto. Analogamente, le onde radio sono un altro tipo di ondulazioni del vuoto, le particelle elementari sono un altro tipo molto differente di increspature (che in alcune teorie assomigliano a minuscole corde vibranti). In quest'ottica, esiste quindi una sola sostanza nell'universo: il vuoto. Ma si tratta comunque di una sostanza che si presenta in una notevole varietà di forme, inclusi quegli schemi di particelle che noi chiamiamo "materia solida". Questa visione suggerisce l'inevitabile qualità delle leggi naturali. Se una singola sostanza riempie l'universo, essa è l'universo, per cui le sue proprietà limitano tutto quello che possiamo fare (3).

La stranezza della fisica moderna, però, induce molta gente a non credere in essa. Le rivoluzioni che hanno condotto fino alla meccanica quantistica ed alla relatività, hanno fatto nascere espressioni come "il principio di indeterminazione", "la natura ondulatoria della materia", "la materia è energia" e "la curvatura dello spazio-tempo". Un'aria di paradosso circonda queste idee e quindi la fisica stessa. È comprensibile che le nuove tecnologie ci sembrino strane, ma perché anche le antiche ed immutabili leggi della natura dovrebbero trasformarsi in qualcosa di bizzarro e scioccante?

I nostri cervelli e linguaggi si sono evoluti per trattare con cose enormemente più grandi degli atomi e che si muovono ad una minuscola frazione della velocità della luce. Cervelli e linguaggi svolgono un lavoro passabile, nonostante abbiano impiegato secoli per imparare a descrivere il moto di un sasso in caduta. Ma abbiamo oramai spinto la nostra conoscenza molto al di là dell'antico mondo dei sensi. Abbiamo scoperto cose (onde di materia, curvatura dello spazio) che sembrano bizzarre, nonché altre che sono semplicemente al di là della nostra capacità di visualizzazione. Ma "bizzarro" non vuol dire misterioso e impredicibile. La matematica e gli esperimenti funzionano ancora, e consentono agli scienziati di variare e selezionare le teorie, evolvendole per adattarle ad una realtà peculiare. Le menti umane si sono dimostrate notevolmente flessibili, ma non costituisce una così grande sorpresa scoprire che non sempre possiamo visualizzare l'invisibile.

Parte del motivo per cui la fisica sembra così strana è che la gente desidera ardentemente le stranezze, e tende a diffondere memi che descrivono le cose come strane. Alcune persone preferiscono quelle idee che stratificano il mondo in livelli, e riempiono questi livelli di misteri di grado-B. Naturalmente, queste persone preferiscono e diffondono quei memi grazie ai quali la materia pare essere immateriale e la meccanica quantistica pare più simile ad una branca della psicologia.

La relatività, come direbbero queste persone, rivela che la materia (quella chiara vecchia roba che la gente pensa di comprendere) è davvero energia (quella subdola, misteriosa roba che fa succedere le cose). Questo suscita un sorriso incerto riguardo ai misteri dell'universo. Potrebbe essere più chiaro se si dicesse che la relatività rivela che l'energia è, in tutte le sue forme, una forma di materia, ossia che l'energia ha massa. Infatti le vele solari funzionano basandosi su questo principio, ossia grazie all'impatto di una massa su una superficie. La luce stessa si manifesta "impacchettata" in forma di particelle.

Consideriamo anche il principio di indeterminazione di Heisenberg, ed il fatto ad esso correlato che "l'osservatore esercita sempre una influenza sull'osservato". Il principio di indeterminazione è intrinseco alla matematica usata per descrivere la materia ordinaria (dando agli atomi la loro propria dimensione), ma "l'effetto dell'osservatore" che vi è associato è stato presentato in alcuni libri popolari come una magica influenza della coscienza sul mondo. Invece, l'idea di fondo è più prosaica. Immaginiamo di osservare il moto della polvere sotto un raggio luminoso: quando osservate le luci riflesse di certo le influenzate, perché ne assorbite una parte. Analogamente la luce (con la sua massa) influenza il moto della polvere: si scontra con la polvere esercitando su essa una forza. Il risultato non è un effetto della vostra mente sulla polvere, ma della luce sulla polvere. Nonostante le misurazioni quantistiche presentino certe peculiarità di una sottigliezza che va molto oltre quella di questo esempio (4), non esiste nulla in che implichi che la mente riesca a modificare la realtà.

Infine, consideriamo il "paradosso dei gemelli". La Relatività prevede che, se uno dei due individui di una coppia di gemelli volasse a velocità prossime a quelle della luce fino ad un'altra stella per poi tornare indietro, al suo ritorno il gemello viaggiatore sarebbe più giovane di quello rimasto a casa. Infatti, le misurazioni condotte con orologi accuratissimi hanno dimostrato che un moto molto rapido è associato ad un effetto di rallentamento del tempo. Ma questo non è un "paradosso"; è semplicemente un fatto della natura.

La Fisica Verrà Stravolta Ancora?  

Nel 1894 l'eminente fisico Albert A. Michelson affermò: "Le più importanti e fondamentali leggi e fatti delle scienze fisiche sono stati tutti scoperti, ed essi sono oramai così fermamente stabiliti che la possibilità di sostituirli, in conseguenza di nuove scoperte, è estremamente remota […] Le nostre future scoperte saranno necessariamente limitate alla sesta posizione decimale delle misure".

Ma nel 1895, Roentgen scoprì i raggi X. Nel 1896, Becquerel scoprì la radioattività. Nel 1897, Thomson scoprì l'elettrone. Nel 1905, Einstein formulò la teoria della Relatività Ristretta (spiegando così le osservazioni sperimentali condotte da Michelson nel 1887 e riguardanti la velocità della luce). Nel 1905, Einstein presentò anche la teoria fotonica della luce. Nel 1911, Rutherford scoprì i nuclei atomici. Nel 1915, Einstein formulò la teoria della Relatività Generale. Dal 1924 al 1930, de Broglie, Heisenberg, Bohr, Pauli, e Dirac svilupparono i fondamenti della meccanica quantistica. Nel 1929, Hubble mostrò l'evidenza dell'espansione dell'universo. Nel 1931, Michelson morì.

Michelson ha commesso un errore memorabile. La gente ancora cita la sua affermazione ed elenca quello che ne è seguito a sostegno del punto di vista che non dovremmo (mai?) dichiarare nessuna comprensione consolidata delle leggi naturali, o dei limiti del possibile. Dopo tutto, se Michelson era così sicuro e tuttavia così in errore, non dovremmo temere di ripetere il suo sbaglio? La grande rivoluzione della fisica ha indotto alcune persone a concludere che la scienza non smetterà mai di condurci a nuove importanti sorprese - persino sorprese importanti per gli ingegneri. Ma abbiamo davvero probabilità di imbatterci ancora in uno sconvolgimento così importante?

Forse no. Il contenuto della meccanica quantistica era una sorpresa, e tuttavia prima che questa apparisse era evidente che la fisica era grossolanamente incompleta. Prima della meccanica quantistica avreste potuto avvicinarvi ad un qualsiasi scienziato, rivolgergli uno smagliante sorriso malizioso, dare dei colpetti sulla sua scrivania e chiedergli: "Che cosa tiene assieme le cose? Perché questa scrivania è marrone e solida, mentre l'aria è trasparente e gassosa?". La vostra vittima avrebbe potuto dire qualcosa di piuttosto vago riguardo agli atomi e alle loro disposizioni (5), ma alle vostre pressioni per una spiegazione migliore ne avreste ricavato al massimo una risposta del tipo: "Chi lo sa? I fisici non possono ancora spiegare la materia!". Col senno di poi è fin troppo facile fare queste considerazioni, e tuttavia, in un mondo fatto di materia ed abitato da gente che utilizza utensili materiali, questa ignoranza sulla natura della materia era una lacuna nella conoscenza umana che Michelson probabilmente doveva aver notato. Era una lacuna non nella "sesta cifra decimale" ma nella prima.

Vale anche la pena osservare il contesto nel quale Michelson aveva ragione. Le leggi di cui parlava includevano la legge di gravitazione di Newton e le leggi dell'elettromagnetismo di Maxwell. Ed infatti, sotto certe condizioni, che in ingegneria sono piuttosto comuni, queste leggi sono state modificate solo "nella sesta cifra decimale". Le leggi di Einstein su gravità e moto sono in stretto accordo con quelle di Newton fatta eccezione per le situazioni in cui esistono condizioni estreme di attrazione gravitazionale e velocità; le leggi dell'elettrodinamica quantistica di Feynman, Schwinger e Tomonaga, sono in stretto accordo con quelle di Maxwell, fatta eccezione per le situazioni in cui esistono condizioni estreme di dimensioni ed energia.

Ulteriori rivoluzioni sono senza dubbio in agguato nei pressi dei confini di queste teorie. Ma pare che questi siano lontani dal mondo delle cose viventi e delle macchine che costruiamo. La rivoluzione della relatività e della meccanica quantistica ha cambiato la nostra conoscenza della materia e della energia, ma materia ed energia stesse sono rimaste invariate - esse sono reali e non si interessano delle nostre teorie. I fisici utilizzano ora un insieme unico di leggi per descrivere come interagiscano i nuclei atomici e gli elettroni negli atomi, nelle molecole, nelle macchine molecolari, nelle cose viventi, nei pianeti e nelle stelle. Queste leggi non sono ancora completamente generali; la ricerca per una teoria unificata di tutta la fisica continua. Ma come afferma il fisico Stephen W. Hawking(6), "Al momento abbiamo un certo numero di leggi parziali che governano il comportamento dell'universo sotto tutte le condizioni eccetto le più estreme". E per gli standard ingegneristici, queste condizioni estreme, sono straordinariamente estreme.

I fisici annunciano con regolarità l'osservazione di nuove particelle fra i detriti prodotti da collisioni fra particelle accelerate ad energie estreme, ma non potreste mai crearvi una scorta di queste nuove particelle accumulandole in una scatola. E questo è un fatto molto importante da riconoscere, perché se una particella non può essere conservata, non può servire come componente di una macchina stabile. Le scatole e il loro contenuto sono fatte di elettroni e nuclei. A loro volta i nuclei sono composti da protoni e neutroni. Gli atomi di idrogeno hanno un singolo protone nel loro nucleo; gli atomi di piombo hanno ottantadue protoni e oltre un centinaio di neutroni. Un neutrone isolato si disintegra in pochi minuti. Sono note solo poche altre particelle stabili(7): i fotoni, ossia le particelle della luce, sono utilizzabili e possono essere intrappolate per un certo tempo; i neutrini sono quasi non rilevabili e non possono essere intrappolati. Queste particelle (fotoni esclusi) hanno le loro corrispondenti antiparticelle. Tutte le altre particelle note si disintegrano in pochi milionesimi di secondo o anche meno. Quindi, i soli blocchi di costruzione conosciuti per qualsiasi hardware sono elettroni e nuclei (o, per speciali applicazioni molto sporadiche, le loro antiparticelle); questi blocchi di costruzione si combinano in modo ordinario per formare atomi e molecole.

Tuttavia, a dispetto della potenza della fisica moderna, la nostra conoscenza presenta ancora ovvie lacune. Il labile stato in cui si trova la teoria delle particelle elementari lascia incerti alcuni limiti. Potremmo trovare nuove particelle stabili e "inscatolabili" come per esempio monopòli magnetici o quark liberi; se ciò avverrà, queste particelle saranno senz'altro suscettibili di una utilizzazione. Ma non potremmo mai scoprire un nuovo tipo di campo di forza con effetti su lunga distanza, o nuove forme di radiazione, poiché ciò appare improbabile in modo via via crescente. Infine, alcuni nuovi modi di far scontrare fra loro delle particelle, potrebbero migliorare la nostra capacità di convertire particelle note in altre particelle note.
Ma in generale, dell'hardware complesso richiede schemi di particelle stabili e complessi. Al di fuori di quello che è l'ambiente di una stella collassata, ciò significa schemi di atomi che sono ben descritti dalla meccanica quantistica relativistica. Le frontiere della fisica si sono mosse in avanti. Su un livello teorico, i fisici cercano una descrizione unificata delle interazioni di tutte le possibili particelle, anche delle particelle dalla vita più breve. Su un livello sperimentale, essi studiano gli schemi di detriti subatomici creati da collisioni di alta energia negli acceleratori di particelle. Finché da una tale collisione non scaturisce nessuna nuova particella stabile ed utilizzabile, e finché una tale particella non viene neanche scoperta fra i residui di qualche tumulto cosmico del passato, gli atomi rimarranno gli unici blocchi di costruzione disponibili per dell'hardware stabile. E l'ingegneria resterà un gioco giocato con pezzi già conosciuti in accordo a regole di gioco già conosciute. Nuove particelle potrebbero al più aggiungere nuovi pezzi, non eliminare regole già esistenti.

I Limiti dell'Hardware  

Il macchinario molecolare rappresenta davvero il capolinea del sentiero verso la miniaturizzazione? L'idea che il macchinario molecolare potrebbe essere un passo verso un più piccolo "macchinario nucleare" appare abbastanza naturale. Un giovane (uno studente del corso di laurea di economia alla Columbia University), avendo sentito parlare della tecnologia molecolare e della sua capacità di manipolare atomi, concluse immediatamente che la tecnologia molecolare potrebbe fare quasi qualsiasi cosa, anche agire a distanza su delle bombe nucleari già lanciate in caduta libera, per trasformarle in innocui mattoni di piombo.

La tecnologia molecolare non può fare cose come questa. Trasformare plutonio in piombo (agendo a distanza o meno) è qualcosa che è ben oltre portata della tecnologia molecolare, e per la stessa ragione per cui trasformare il piombo in oro era ben oltre la portata della chimica nota ad un alchimista. Le forze molecolari hanno poco effetto sui nuclei atomici. Il nucleo contiene oltre il 99,9 percento della massa di un atomo ed occupa una parte su un milionesimo di miliardesimo del suo volume. A confronto del nucleo, il resto di un atomo (una nuvola elettronica) è meno di una insignificante lanugine. Provare a modificare un nucleo punzecchiandolo con una molecola(8) è persino più futile che provare a deformare ed appiattire un cuscinetto a sfera d'acciaio rotolandovi contro una palla di zucchero filato. La tecnologia molecolare può cambiare l'ordine e la disposizione degli atomi, ma non può raggiungere l'interno di un nucleo per cambiare il tipo di atomo.

Le nanomacchine non possono essere di alcun aiuto per la costruzione di macchine di scala nucleare, e tuttavia tali macchine potrebbero anche esistere. Per quel che appare non è affatto così, almeno sotto qualsiasi condizione fra quelle che possiamo creare in un laboratorio. Le macchine devono avere un certo numero di parti in stretto contatto, ma i nuclei, quando strettamente impacchettati assieme, si respingono l'uno con l'altro con ferocia. Quando la scissione nucleare devastò Hiroshima, la maggior parte dell'energia venne rilasciata dalla violenta repulsione elettrostatica fra i nuclei dei due frammenti appena separati della bomba. La ben nota difficoltà di ottenere la fusione nucleare deriva dallo stesso problema di repulsione nucleare.

Oltre alla scissione ed alla fusione, i nuclei possono essere in grado di emettere o assorbire vari tipi di radiazione. In una tecnica comunemente impiegata, essi vengono fatti roteare in modi che sono portatori di informazione utile, permettendo ai medici di prelevare immagini mediche basate sulla risonanza magnetica nucleare. Ma tutti questi fenomeni si affidano solo alle proprietà di nuclei ben separati (9). I nuclei isolati sono troppo semplici per funzionare come macchine o come circuiti elettronici. I nuclei possono essere obbligati ad avvicinarsi l'uno all'altro, ma solo se sottoposti alle pressioni immense che si trovano in una stella collassata. Fare dell'ingegneria in un tale ambiente presenterebbe delle difficoltà sostanziali (10), persino se avessimo a disposizione nelle vicinanze una stella collassata.

Questo ci riporta alla questione di base. Che cosa potremmo compiere tramite una appropriata disposizione di atomi? Alcuni limiti sembrano già chiari. I più forti materiali possibili avranno dieci volte la forza del più forte fra i cavi di acciaio odierni (il materiale più forte per fabbricare un cavo sembra essere la carbina, una forma di carbonio con atomi disposti in catene ordinate). Sembra inoltre che, in condizioni ordinarie di pressione, le vibrazioni del calore possano distruggere la maggior parte dei solidi refrattari solo sotto temperature che si aggirano attorno a quattromila gradi centigradi (circa cinquecento gradi in più della temperatura che esiste sulla superficie solare).

Queste brute proprietà della materia - forza e resistenza al calore - non possono essere notevolmente migliorate per mezzo di una complessa e più ordinata disposizione di atomi. La migliore disposizione, probabilmente, sembra essere piuttosto semplice e regolare. Altri obiettivi piuttosto semplici includono le capacità di trasmissione del calore, isolamento dal calore (11), trasmissione elettrica, trasmissione della luce, riflessione della luce ed assorbimento della luce.

Per alcuni di questi obiettivi, i propositi di perfezione condurranno verso schemi di progettazione molto semplici; per altri, condurranno verso problemi progettuali di complessità al di là di ogni speranza di soluzione. La progettazione del miglior commutatore elettrico che sia possibile, per un suo utilizzo come componente base di un computer, sarà enormemente più complessa. Infatti ciò che consideriamo "il miglior commutatore possibile" dipende da molti fattori, inclusi i costi della materia, dell'energia, del tempo di realizzazione, e del tipo di elaborazioni a cui è destinato il computer. In un progetto ingegneristico, ciò che noi chiamiamo "il meglio" dipende da un numero elevatissimo di fattori, a loro volta dipendenti da molti desideri umani mal definiti e mutevoli. Inoltre, anche dove "il meglio" sia ben definito, potrebbe non valer la pena, a confronto dell'entità di miglioramento effettivamente ottenibile, affrontare il costo per la ricerca dell'incremento di miglioramento ultimo possibile, ossia quello che distingue "il meglio" dal "semplicemente eccellente". Tuttavia, possiamo ignorare tutti questi problemi riguardanti complessità e costi di progettazione, quando ciò che ci interessa è solo considerare quali siano i limiti realmente esistenti.

Per definire un limite, si dovrebbe scegliere una direzione o una scala di qualità. Definendo come "la migliore possibile" una certa direzione, esisterà di sicuro un "meglio" definitivo ed ultimo. Le disposizioni di atomi determinano le proprietà dell'hardware, ed in accordo con la meccanica quantistica il numero delle disposizioni possibili è finito - di certo persino più grande di un numero astronomicamente grande, e tuttavia pur sempre non infinito. Ne segue matematicamente che, stabilito un chiaro obiettivo, alcune di queste disposizioni potrebbero essere le migliori possibili o prossime alle migliori. Come accade negli scacchi, il numero limitato di pezzi e di spazi limita il numero di disposizioni e quindi il numero delle possibilità. Ma sia negli scacchi che nell'ingegneria, la varietà possibile all'interno di questi limiti è comunque potenzialmente inesauribile.

La semplice conoscenza delle leggi della materia non è sufficiente a dirci dove siano esattamente i limiti. Possiamo tuttavia affrontare la complessità di progettazione. La nostra conoscenza di dove risiedano certi limiti resta incerta: "Noi sappiamo solo che i limiti sono fra qui (qualche passo indietro) e lì (quel punto vicino all'orizzonte)". Gli assemblatori ci apriranno la strada verso i limiti, dovunque essi siano, e i sistemi di ingegneria automatizzata accelereranno i progressi lungo la strada. Il meglio assoluto spesso si dimostrerà essere elusivo, ma il secondo in classifica spesso sarà quasi altrettanto buono (12).
Mano a mano che ci avvicineremo ai limiti autentici, le nostre capacità smetteranno di crescere, via via in sempre più aree della tecnologia. I progressi in questi campi non si arresteranno semplicemente per una decade o un secolo, ma in maniera permanente.

Alcuni potrebbero esitare alla parola "permanente" pensando "Nessun miglioramento in mille anni? In un milione di anni? Ma questa è una esagerazione!". E tuttavia, quando raggiungeremo i veri limiti fisici, non andremo avanti ulteriormente. Le regole del gioco sono intrinseche alla struttura del vuoto, sono implicite nella struttura dell'universo. Nessuna redisposizione di atomi, nessun cozzare di particelle, nessuna legislazione o lamentela o sommossa sposterà i limiti naturali di un pizzico. Oggi potremmo anche non valutare correttamente dove si trovino i limiti reali, ma è certo che essi resteranno dove sono.

Questo sguardo sulle leggi della natura mostra i limiti alla qualità delle cose. Ma noi incontriamo anche limiti di quantità, limiti che sono imposti non solo dalle leggi della natura ma anche dal modo in cui materia ed energia sono disposte nell'universo affinché siano più o meno a nostra disposizione. Gli autori de The Limits to Growth, come hanno fatto anche molti altri, hanno tentato di descrivere questi limiti senza prima esaminare i limiti imposti alla tecnologia. E ciò ha prodotto risultati equivoci.

Entropia: Un Limite all'Uso di Energia  

Di recente, alcuni autori hanno descritto l'accumulazione del calore disperso ed il disordine come limiti ultimi all'attività umana. In The Lean Years - Politics in the Age of Scarcity, Richard Barnet scrive (13): "È ironico che la riscoperta dei limiti coincida con due delle più audaci conquiste tecnologiche della storia dell'umanità. Una è l'ingegneria genetica, la visione fugace di un potere in grado di modellare l'autentica roba della vita. L'altra è la colonizzazione dello spazio. Questi progressi alimentano fantasie di potere, ma non lacerano la camicia di forza ecologica nota come 'Seconda Legge della Termodinamica': Un sempre più grande consumo di energia produce una sempre più grande quantità di calore, che pur non scomparendo mai può essere conteggiata come un costo permanente dell'energia. Poiché l'accumulazione di calore può causare catastrofi ecologiche, questi costi limitano l'avventura umana nello spazio, come limitano con altrettanta certezza quella sulla Terra". Jeremy Rifkin (con Ted Howard) ha scritto un intero libro (14) sui limiti termodinamici e sul futuro dell'umanità, intitolato Entropy: A New World View.

L'entropia è una misura scientifica standard del calore disperso e del grado di disordine. Dovunque una attività consumi energia utilizzabile, essa produce entropia; l'entropia del mondo perciò cresce costantemente ed irreversibilmente. Alla fine, la dissipazione di energia utilizzabile distruggerà le basi della vita. Come dice Rifkin, questa idea potrebbe sembrare troppo deprimente per pensarci, ma egli afferma che dovremmo affrontare le implicazioni terribili dell'entropia, e le conseguenze sull'umanità e la Terra. Ma queste implicazioni sono davvero così terribili?

Barnet scrive che l'accumulo di calore è un costo energetico permanente che limita l'attività umana. Rifkin afferma che "l'inquinamento è la somma totale di tutta l'energia disponibile nel mondo che è stata trasformata in energia non disponibile". Questa energia non disponibile è principalmente in forma di calore disperso e di bassa temperatura; quel tipo di calore che fa scaldare un apparecchio televisivo in funzione. Ma questo calore si accumula realmente come teme Barnet? Se fosse così, la Terra dovrebbe crescere costantemente in temperatura, divenendo più calda minuto dopo minuto ed anno dopo anno. In questo momento dovremmo stare arrostendo, a meno che i nostri antenati non avessero l'aspetto di solidi congelati. In qualche modo, tuttavia, i continenti si comportano in modo da diventare freddi durante la notte, ed ancora più freddi durante l'inverno. Durante le epoche glaciali, persino l'intera Terra si è raffreddata.

Rifkin affonda un'altra stilettata. Afferma che "l'erosione costante di materia terrestre fa sì che la crosta terrestre vada costantemente assottigliandosi. Le montagne vengono livellate ed i suoli spazzati via ogni secondo che passa". Dicendo "spazzati via" Rifkin non intende scagliati via nello spazio o spazzati via dall'esistenza; egli intende semplicemente che gli atomi delle montagne e dei suoli vengono a disporsi alla rinfusa con tutti gli altri atomi della Terra. Ciò nonostante, sempre stando alle sue affermazioni, questo processo conduce verso la nostra rovina. Il rimescolamento degli atomi trasforma questi in "materia non disponibile" in conseguenza della "quarta legge della termodinamica" avanzata dal'economista Nicholas Georgescu-Roegen: "In un sistema chiuso, l'entropia materiale deve infine raggiungere un massimo", o (equivalentemente) "La materia non disponibile non può essere riciclata". Rifkin afferma che la Terra è un sistema chiuso, che scambia energia ma non materia con il suo ambiente spaziale circostante, per cui "qui sulla terra l'entropia materiale è costantemente in incremento e dovrà infine raggiungere un massimo", mettendo in difficoltà la vita terrestre e portandola alla morte.

Una situazione davvero sinistra: la Terra si è degenerata per miliardi di anni. Sicuramente la fine deve essere vicina!

Ma tutto questo può realmente esser vero? Lo sviluppo della vita ha portato maggior ordine sulla Terra, non meno; la formazione dei depositi di minerali grezzi ha fatto la stessa cosa. L'idea che la Terra sia andata degenerando sembra, come minimo, peculiare (ma in proposito, Rifkin pensa all'evoluzione come ad una nicchia temporanea). D'altro canto, poiché materia ed energia sono essenzialmente la stessa cosa, come può in primo luogo questa unica cosa essere soggetta ad una legge valida che sappia distinguere la sola cosiddetta "entropia materiale"?

Rifkin presenta il caso di una bottiglia, che diffonda profumo nell'aria di una stanza circostante, come un esempio di "dissipazione di materia", ossia di entropia materiale in crescita - di materia che diventa "indisponibile". La diffusione di sale in acqua all'interno di una bottiglia è un altro esempio rappresentativo. Prendiamo in considerazione, allora, una verifica sperimentale della "quarta legge della termodinamica" condotta in un esperimento che potremmo chiamare "l'Esperimento della Bottiglia Acqua-Sale".

Immaginiamo una bottiglia avente sul fondo una parete di partizione, che divide il fondo in due bacini. In uno c'è del sale, e nell'altro c'è dell'acqua. Un tappo di sughero sigilla il collo della bottiglia: ciò chiude il sistema, rendendo applicabile ad esso la cosiddetta quarta legge della termodinamica. Il contenuto della bottiglia è in uno stato organizzato: quindi la sua entropia materiale non è al massimo - ancora.

Ora prendiamo la bottiglia ed incliniamola. Se l'acqua, dal suo bacino, passa anche all'altro bacino, e se si agita la bottiglia facendola ruotare, si ottiene che l'acqua dissolve il sale e l'entropia cresce furiosamente! In un tale sistema chiuso, la " quarta legge della termodinamica" afferma che questo incremento della entropia materiale dovrebbe essere permanente. Tutti gli allarmi di Rifkin riguardo la stagnazione e l'inevitabile incremento dell'entropia della Terra si basano su questo principio.

Per vedere se c'è qualche base di fondatezza per la nuova visione del modo di Rifkin, incliniamo la bottiglia per far fluire tutta l'acqua salata in uno solo dei due bacini. Questo non dovrebbe fare nessuna differenza perché il sistema resta comunque un sistema chiuso. Mettiamo ora dritta la bottiglia, esponendo alla luce del sole il lato con l'acqua salata, e all'ombra il lato vuoto. La luce splende e il calore trapela dentro, ma il sistema resta chiuso come la stessa Terra. Ma, osservate, la luce solare fa evaporare l'acqua, ed essa si condensa nel bacino vuoto! Acqua pura che, lentamente, riempie il bacino vuoto, lasciandosi dietro il sale.
Rifkin stesso afferma che "nella scienza, una sola intransigente eccezione è sufficiente ad invalidare una legge". E questo esperimento mentale, che imita il modo in cui i depositi naturali di sale si sono formati sulla Terra, invalida la legge sulla quale egli basa il suo intero libro. Le piante si comportano analogamente. La luce solare ci porta energia dallo spazio; il calore che viene nuovamente irradiato indietro, verso lo spazio, porta via entropia (della quale ne esiste un solo tipo). Perciò, l'entropia può decrescere in un sistema chiuso ed i fiori possono sbocciare sulla Terra epoca dopo epoca.

Rifkin parla correttamente quando dice che "è possibile invertire il processo dell'entropia in un luogo e su un periodo di tempo circoscritti, ma solo consumando energia e quindi incrementando l'entropia complessiva dell'ambiente". Ma sia Rifkin che Barnet incorrono nello stesso equivoco: quando dicono "ambiente", essi intendono la "Terra" - ma la legge si applica all'ambiente nella sua totalità, e questa totalità è l'universo. In effetti Rifkin e Barnet non considerano sia la luce del Sole che il freddo buio del cielo notturno.
Secondo lo stesso Rifkin, la sua idea distrugge la nozione della storia intesa come un progresso, trascendendo il comune punto di vista moderno sul mondo. Egli richiama al sacrificio, affermando che "nessuna nazione del Terzo Mondo potrà nutrire speranze di conquistare l'abbondanza materiale che esiste in America". Egli teme panico e spargimenti di sangue. Rifkin conclude informandoci che "la Legge dell'Entropia risponde alla questione centrale che ogni cultura lungo l'intera storia si è posta: Come dovrebbero comportarsi gli esseri umani nel mondo?". La sua risposta? "L'imperativo morale ultimo, quindi, è di sprecare quanta meno energia sia possibile"(15).

Ciò sembrerebbe significare che dovremmo risparmiare quanta più energia è possibile, cercando di eliminare gli sprechi. Ma qual'è il più grande spreco di energia che ci sia nelle nostre vicinanze? Il Sole, ovviamente: esso spreca energia milioni di miliardi di volte più velocemente di quanto fanno gli uomini. Se fosse preso sul serio, l'imperativo morale ultimo di Rifkin suonerebbe come l'ordine urgente: "Spegnete il Sole!".

Questa sciocca conseguenza avrebbe dovuto stroncare il credito che è stato prestato a Rifkin. Egli, come molti altri, hanno visioni del mondo che hanno il sapore di arroganza pre-Copernicana.: essi presumono che la Terra sia l'intero mondo e che quello che la gente fa sia automaticamente di importanza cosmica.
Esiste realmente una autentica legge dell'entropia, ovviamente: la seconda legge della termodinamica. A differenza della contraffatta "quarta legge", essa è descritta in tutti i libri di testo ed utilizzata dagli ingegneri nel loro lavoro di progettazione. Essa effettivamente limita quello che possiamo fare. L'attività umana genera calore, e la limitata capacità della Terra di irradiare calore impone un limite fermo alla quantità di attività industriale che è possibile svolgere sulla Terra. Allo stesso modo, abbiamo anche bisogno di pannelli simili ad ali per irradiare via il calore di risulta, generato dalle attività delle nostre navi spaziali. Alla fine, la legge dell'entropia - al termine di un periodo di tempo immensamente esteso - condurrà al degrado irreversibile dell'universo come lo conosciamo oggi, e ciò pone dei limiti alla massima estensione temporale della vita, ed alla vita stessa.

Ma perché flagellare la carcassa del libro Entropy di Rifkin? Semplicemente perché il sistema di informazione odierno presenta spesso persino delle idee nate morte come fossero vive. Incoraggiando false speranze o false paure e guidando l'azione in direzioni sbagliate, queste idee possono inficiare gli sforzi della gente attivamente preoccupata dei problemi mondiali di ampio respiro.

Fra le persone i cui elogi sono apparsi sulla quarta di copertina del libro di Rifkin ("un lavoro ispirato" "brillante lavoro" "di importanza fondamentale" "dovrebbe essere preso a cuore ") ci sono anche un professore di Princeton, un ospite di talk-show televisivi, e due senatori degli Stati Uniti. Un seminario al MIT ("The Finite Earth: World Views for a Sustainable Future - La terra Limitata: Scenari Mondiali per un Futuro Sostenibile") glorificava il libro di Rifkin.

Tutti i promotori del seminario provenivano da dipartimenti non tecnici. Nella nostra società tecnologica, la maggior parte dei senatori mancano di formazione tecnologica, così pure come la maggior parte dei professori e degli ospiti di talk-show. Georgescu-Roegen stesso, l'inventore della "quarta legge della termodinamica", possiede ampie credenziali - ma solo come sociologo.

La minaccia dell'entropia è un esempio di lampante non-senso, e tuttavia i suoi inventori e sostenitori non vengono derisi sulla pubblica scena. Immaginate un migliaio, un milione di distorsioni analoghe, alcune sottili, alcune sfacciate, ma tutte che deformano la comprensione pubblica del mondo. Immaginate ora un gruppo di nazioni democratiche che soffra di una infestazione di memi di questo tipo mentre tenta di adeguarsi ad un'epoca di rivoluzione tecnologica dal ritmo in accelerazione. Abbiamo quindi un problema reale. Per rendere più probabile la nostra sopravvivenza, abbiamo bisogno di modi migliori di estirpare i nostri memi, di fare spazio perché si sviluppi una comprensione sensata. Nei capitolo 13 e 14 riporterò due proposte di come si potrebbe fare proprio questo.

I Limiti delle Risorse  

Una legge di Natura limita la qualità della tecnologia, ma nell'ambito di questi limiti useremo gli assemblatori-replicatori per produrre navi spaziali di prim'ordine. Con queste, apriremo l'accesso allo spazio in ampiezza e profondità.

La Terra odierna ha cominciato a sembrare piccola, ridestando preoccupazioni legate al timore che potremmo esaurire le sue risorse. Tuttavia, l'energia totale che usiamo è meno di una parte su diecimila rispetto a quella con cui il sole inonda la Terra; non ci preoccupiamo quindi del rifornimento di energia in quanto tale, ma del rifornimento di energia in forme convenienti come gas e petrolio. Le nostre miniere a malapena scalfiscono la superficie del globo; non ci preoccupiamo della semplice quantità di risorse, ma della loro convenienza e costo. Quando svilupperemo nanomacchine non inquinanti per raccogliere energia solare e risorse dalla Terra, la Terra stessa sarà in grado di sostenere una civiltà di gran lunga più grande e benestante di qualsiasi altra vista prima d'ora, e tuttavia allo stesso tempo soffrirà meno danno di quello che le infliggiamo oggi. Il potenziale della Terra fa apparire insignificanti, al confronto, le risorse che usiamo attualmente.

Eppure, la terra non è che un granello. I detriti asteroidali lasciati dalla formazione dei pianeti forniranno materiali sufficienti per costruire mille volte l'area della terraferma Terrestre. Il Sole inonda il sistema solare con un miliardo di volte la potenza che raggiunge la sola Terra. Le risorse del sistema solare sono realmente immense, e l'utilizzo delle risorse della Terra apparirà insignificante, al confronto.

Eppure, il sistema solare non è che un granello. Le stelle che affollano il cielo notturno sono dei soli, e l'occhio umano può vedere solo quelli più vicini. La nostra galassia contiene cento miliardi di soli, e molti senza dubbio riversano la loro luce su pianeti morti e asteroidi in attesa di venire a contatto con la vita. Le risorse della nostra galassia possono far apparire persino il sistema solare insignificante, al confronto.

Eppure, la nostra galassia non è che un granello. Luci più antiche di quanto siano antiche le nostre specie ci mostrano galassie al di la della nostra. L'universo visibile contiene cento miliardi di galassie, ognuna con uno sciame di miliardi di soli. Le risorse dell'universo visibile fanno apparire persino la nostra galassia insignificante, al confronto.

E con ciò, raggiungiamo i limiti quanto meno di ciò che ci è noto, se non proprio i limiti delle risorse. Il sistema solare sembra comunque sufficiente a rispondere alla limitatezza delle risorse della Terra, e se il resto dell'universo restasse non rivendicato da nessun altro, la nostra prospettiva per l'espansione sarebbe sufficiente per far girare la testa più di una volta. Ciò significa che gli assemblatori-replicatori e il volo spaziale economico metteranno fine alle nostre preoccupazioni per le risorse?

In un certo senso, schiudere l'accesso allo spazio polverizzerà i nostri limiti alla crescita, poiché di fatto non conosciamo fine all'universo. Nonostante questo, Malthus era essenzialmente nel giusto.

Malthus  

Nel suo saggio del 1798 sui Principi Demografici (Essay on the Principle of Population), Thomas Robert Malthus, un ecclesiastico inglese, presentava l'antenato di tutti gli odierni argomenti riguardanti i limiti allo sviluppo. Egli notò che il libero incremento demografico tendeva periodicamente verso un raddoppio della popolazione, e quindi la popolazione seguiva un ritmo di espansione numerica di tipo esponenziale. Tutto ciò è sensato: poiché tutti gli organismi discendono da replicatori di successo, essi tendono a replicarsi ogni qualvolta viene data loro la possibilità di farlo. Per semplificare le sue argomentazioni, Malthus partì dall'assunto che le risorse - ossia le disponibilità di cibo - potessero incrementarsi ogni anno solo di una certa quantità fissata e costante (un processo denominato espansione numerica lineare, poiché il suo grafico corrisponde ad una linea). Poiché i matematici dimostrano che qualsiasi crescita di tipo esponenziale, comunque fissato sia il suo ritmo di incremento, riesce infine a raggiungere e a superare una crescita lineare dal ritmo comunque fissato, Malthus concluse che lo sviluppo della popolazione, se non tenuto sotto controllo, avrebbe infine esuberato la produzione di cibo.

Gli autori hanno ripetuto variazioni di questa idea fin da allora, persino in libri come The Population Bomb e Famine - entrambi del 1975! - e tuttavia la produzione di cibo riesce ancora a tenere il passo con il ritmo di crescita della popolazione. Africa a parte, anzi, la produzione di cibo è spesso in esubero. Dove ha sbagliato Malthus?

Nel fondamento della sua idea egli non ha realmente sbagliato: lo ha fatto principalmente sui dettagli e nelle sue considerazioni riguardanti i tempi. La crescita demografica sulla Terra deve effettivamente affrontare dei limiti, poiché la Terra e spazialmente limitata e tale resta sia per le attività agricole che per qualsiasi altra attività. Malthus ha fallito nel prevedere quando i limiti inizieranno a pungolarci, principalmente perché ha fallito nel prevedere anticipatamente i progressi nella tecnologia agricola, dai raccolti di prodotti modificati geneticamente ai fertilizzanti.

Alcuni adesso fanno notare che la crescita esponenziale supererà la scorta fissata di risorse della Terra (16), un argomento più semplice di quello avanzato da Malthus. Sebbene le tecnologie spaziali possono infrangere questi limiti, esse non spazzeranno via tutti i limiti. Anche se l'universo fosse infinitamente esteso, noi non potremmo tuttavia viaggiare infinitamente veloci. Le leggi della natura limitano il ritmo dello sviluppo: la vita proveniente dalla Terra non potrà diffondersi più veloce della luce.

Una espansione a ritmo costante aprirà invece nuove risorse con un ritmo che cresce mano a mano che la frontiera spaziale si sposta in profondità e si allarga in estensione. E questo non equivale ad una crescita lineare ma cubica. E tuttavia Malthus aveva sostanzialmente ragione: la crescita esponenziale sorpasserà la crescita cubica con la stessa facilità con cui sorpasserebbe una crescita lineare. I calcoli mostrano che una incontrollata crescita demografica, sia essa accompagnata o meno dall'esistenza di una indefinita longevità, surclasserebbe la disponibilità di risorse all'incirca entro uno o due millenni, al massimo. La possibilità di una crescita esponenziale illimitata resta quindi una fantasia, persino nello spazio.

Qualcuno Potrebbe Fermarci?  
Altre civiltà si sono già impadronite delle risorse dell'universo? Se così fosse, questa circostanza rappresenterebbe un limite allo sviluppo. I fatti riguardanti l'evoluzione e i limiti tecnologici ci aiutano a gettare qualche utile luce sulla questione.

Poiché molti sistemi stellari di tipo solare sono vecchi di molte centinaia di milioni di anni più del nostro sistema solare, alcune civiltà (ammesso che ne esistano in numero sostanziale) dovrebbero essere molte centinaia di milioni di anni più avanti della nostra. Ci dovremmo perciò aspettare che qualcuna di queste civiltà abbia fatto quel che tutti sanno che la vita fa: diffondersi quanto più lontano possibile. La terra non è verde solo negli oceani in cui la vita ha avuto inizio ma anche sulle spiagge, sulle colline, e sulle montagne. Le piante verdi si sono sviluppate anche nelle stazioni in orbita; se prospereremo, le piante della Terra si diffonderanno verso le stelle. Gli organismi si diffondono quanto più lontano possono farlo, dopo di che si diffondono ancora un tantino più lontano. I colonizzatori diretti in America navigarono ed affondarono, sbarcarono e soffrirono la fame, ma alcuni sopravvissero per fondare nuove nazioni. Gli organismi sono soggetti, in qualsiasi posto si trovino, alle pressioni descritte da Malthus, perché essi si sono evoluti per sopravvivere e diffondere geni e memi, entrambi impegnati a spingere nella stessa direzione. Se esistono delle civiltà extraterrestri, e se anche una piccola frazione di queste si è comportata come ha fatto la vita sulla Terra, esse dovrebbero oramai già essersi sparse nello spazio.

Al pari della nostra civiltà, esse dovrebbero tendere ad evolvere tecnologie che si avvicinino verso i limiti imposti dalle leggi di natura. Vorrebbero imparare come viaggiare a velocità vicine a quelle della luce, e la competizione o la pura curiosità dovrebbero spingere alcune di esse a farlo. Infatti, solo delle società altamente organizzate e altamente stabili potrebbero riuscire a reprimere talmente bene la pressione competitiva da evitare una espansione esplosiva a velocità prossime a quelle della luce (17). Inoltre, dopo centinaia di milioni di anni, le civiltà che si sono diffuse di più dovrebbero oramai essersi diffuse quanto basta per incontrare ognuna delle eventuali altre, e per spartirsi l'intero spazio con queste.

Se queste civiltà sono davvero dappertutto, allora hanno dimostrato grande riserbo e si sono ben nascoste. Esse dovrebbero aver avuto il controllo delle risorse dell'intera galassia per molti milioni di anni, ed aver fronteggiato i limiti allo sviluppo su scala cosmica. Una civiltà avanzata e stretta dai suoi limiti ecologici, quasi per stessa definizione, non dovrebbe far spreco ne di materia che di energia. Tuttavia noi vediamo sprechi di questo tipo in qualsiasi direzione, tanto lontano quanto riusciamo a guardare nelle spirali delle galassie: i loro bracci a spirale contengono nuvole di polvere che rappresenta lo spreco di materia, la quale è illuminata da luce di stelle altrettanto sprecata.

Se civiltà così avanzate sono esistite, adesso il nostro sistema solare dovrebbe ricadere nello spazio di dominio di una di esse. E se così fosse, dovremmo necessariamente stare al loro gioco - non potremmo far nulla per minacciarle, e loro potrebbero studiarci a loro piacimento, con o senza la nostra cooperazione. Se esse avanzassero una precisa pretesa, la gente di buon senso dovrebbe ascoltarle. Ma se esse esistono davvero, allora devono essersi ben nascoste - e dovrebbero mantenere segreti i loro progetti riguardanti la Terra.

L'idea che l'umanità sia sola nell'universo visibile è consistente con quello che possiamo vedere nel cielo, e con ciò che conosciamo sull'origine della vita. Nessuna ritrosia degli alieni è necessaria per spiegare i fatti. Alcuni dicono che siccome ci sono così tante stelle, fra esse devono sicuramente esistere altre civiltà. Ma ci sono molte meno stelle nell'universo visibile di quante molecole ci siano in un bicchiere d'acqua. Ed esattamente come un bicchiere d'acqua non necessariamente contiene ogni possibile elemento o composto chimico (anche se si trattasse del liquame di scarto fuoriuscito da qualche impianto chimico) (18), così le altre stelle non necessariamente ospitano altre civiltà.

Sappiamo che la competizione fra replicatori tende a diffondere i replicatori fino ai loro limiti ecologici e che tuttavia, ovunque lungo tutto l'universo, le risorse restano tuttora inutilizzate. Non abbiamo ricevuto nessun commiato dalle stelle, e apparentemente non abbiamo alcun guardiano dello zoo a guardia degli umani, neanche uno particolarmente tollerante. Potrebbe non esserci nessuno lassù. E se essi non esistono, non abbiamo bisogno di prendere in considerazione i loro piani. Se invece esistono, dovremmo abbandonare i nostri piani assecondando i loro imperscrutabili desideri, e non sembra esserci alcun modo per preparasi adeguatamente a questa eventualità. Per cui, per ora e forse per sempre, possiamo tranquillamente fare progetti sul nostro futuro senza preoccuparci dei limiti eventualmente imposti da altre civiltà.

Sviluppo nell'Ambito dei Limiti  

Che ci sia o meno qualcun altro là fuori, noi ormai siamo sulla sua strada. Lo spazio ci attende, con le sue aride rocce e la sua luce solare, simili alle aride rocce e alla luce solare dei continenti della Terra di miliardi di anni fa, prima che la vita strisciasse fuori dai mari. I nostri ingegneri stanno evolvendo memi che ci aiutano a creare raffinate navi ed insediamenti spaziali: colonizzeremo agevolmente le terre del sistema solare. E più in là del ricco sistema solare interno c'è la nuvola cometaria - un vasto terreno di coltura che si assottiglia man mano che si allontana verso lo spazio interstellare, e si inspessisce nuovamente giungendo attorno ad altri sistemi stellari, con nuovi soli e sterile roccia che attendono il tocco della vita.
Nonostante una interminabile crescita esponenziale resti una fantasia, la diffusione della vita e della civiltà non deve affrontare alcun confine già nettamente stabilito. L'espansione procederà, se sopravviveremo, perché siamo parte di un sistema vivente e perché la vita ha la tendenza a diffondersi. I pionieri si sposteranno verso l'esterno in un numero infinito di mondi. Altri resteranno indietro, costruendo insediamenti delle loro culture in tutte le oasi dello spazio. In ogni insediamento, verrà il tempo in cui la frontiera si allontanerà da lì per spostarsi più lontano, ed in seguito ancora più lontano. Per la maggior parte del nostro futuro, la maggior parte della gente e i loro discendenti convivranno con l'esistenza di limiti alla crescita.

I limiti alla crescita possono piacerci o meno, ma la loro reale esistenza è indipendente dai nostri desideri. Esistono dei limiti per qualsiasi meta chiaramente definita che ci si proponga.

Ma sulle frontiere, dove gli standard sono in costante cambiamento, questa idea dei limiti diventa irrilevante. Nell'arte o nella matematica il valore di un lavoro dipende da standard molto complessi, soggetti a dispute e a cambiamenti. Uno di questi standard è la novità, e questa non può mai esaurirsi. Dove gli obiettivi cambino e la complessità sia dominante, i limiti non rappresentano necessariamente un vincolo. In campi e attività come la creazione di una sinfonia o di una canzone, la pittura o le mondanità, il software o i teoremi, i film o altre delizie ancora mai immaginate, sembra non esserci mai fine. Le nuove tecnologie alimenteranno nuove arti, e nuove arti porteranno a nuovi standard.

Il mondo della materia bruta offre spazio per un grande sviluppo, pur nell'ambito di limiti. Il mondo della mente e degli schemi, tuttavia, ha spazio per un'evoluzione e una trasformazione praticamente senza fine. Il "possibile" sembra quindi essere sufficientemente spazioso.

Uno Sguardo ai Limiti  

L'idea che i grandi progressi restino comunque vincolati da limiti ben fermi, non si è evoluta per farci piacere, ma per essere accurata. I limiti tracciano le possibilità, ed alcune potrebbero essere sgradevoli o terrificanti. Abbiamo bisogno di prepararci per i passi avanti tecnologici che sono innanzi a noi, nonostante molti studiosi del futuro pretendano di poter affermare che non si verificherà alcun passo avanti.

Questa scuola di pensiero è associata con il libro The Limits to Growth (I Limiti dello Sviluppo) (19), pubblicato come rapporto del Club di Roma. Il professor Mihajlo D. Mesarovic in seguito è stato co-autore del libro Mankind at the Turning Point (Umanità al Punto di Svolta) (20), pubblicato come il secondo rapporto del Club di Roma. Il professor Mesarovic attualmente sviluppa modelli al computer analoghi ai modelli utilizzati in "The Limits to Growth" - ognuno dei quali è composto da un insieme di numeri ed equazioni intese per descrivere le future trasformazioni su scala mondiale di popolazione, economia ed ambiente. Nella primavera del 1981, egli ha visitato il MIT per partecipare a "The Finite Earth: Worldviews for a Sustainable Future", ossia lo stesso seminario che ha elogiato "Entropy", il libro di Rifkin. In quella occasione egli ha descritto un modello inteso per dare una descrizione grossolana del prossimo secolo. Quando gli è stato chiesto se lui, o qualche altro dei suoi colleghi, avesse preso in considerazione un qualche progresso drastico per il futuro descritto, per esempio un progresso d'entità comparabile a quello dell'industria petrolifera, dell'aeronautica, dell'automobile, dell'energia elettrica o dei computer - e perché no, magari anche di sistemi robotici auto-replicanti o economici sistemi di trasporto spaziale? - egli ha risposto in modo diretto: "No!".

Alcuni modelli del futuro sono, inequivocabilmente, descrizioni di bancarotte. Eppure alcune persone sembrano desiderose - addirittura bramose - di credere che i passi avanti tecnologici cesseranno improvvisamente, e che una corsa tecnologica globale che ha accumulato slancio per secoli, nell'immediato futuro dovrà frenare bruscamente fino ad arrestarsi.

L'abitudine di trascurare o negare la possibilità di progressi tecnologici è un problema comune. Alcune persone credono in certi confortevoli limiti perché hanno ascoltato persone rispettabili snocciolare argomentazioni apparentemente plausibili a sostegno di questa tesi. E tuttavia sembra che alcune persone reagiscano più ai loro desideri che ai fatti, persino dopo questo secolo di progresso in continua accelerazione. I limiti confortevoli semplificano la nostra visione del futuro, rendendo più facile la sua comprensione e consentendoci di riflettere su di essa sentendoci più a nostro agio. La credulità di una persona nei confronti dei limiti confortevoli è indicativa anche della sua tendenza verso una certa preoccupazione e senso di responsabilità. Dopotutto, se le forze naturali arresteranno la corsa tecnologica in modo conveniente ed automatico, allora non dovremmo preoccuparci di provare a comprendere e controllare questa corsa.

Ancor più paradossalmente, questo escapismo non viene avvertito come tale. La contemplazione di visioni di declino globale dovrebbe produrre la sensazione di non potersi tirare indietro di fronte alla inevitabilità di dover affrontare circostanze ardue. E invece, una tale visione del futuro non sembra essere nulla di sostanzialmente nuovo: ci obbliga semplicemente a rassegnarci a vivere le ben note miserie dell'Europa del passato o del Terzo Mondo del presente. Per affrontare la realtà è necessario un coraggio autentico, il coraggio di affrontare l'accelerazione del cambiamento in un mondo che non ha nessun freno automatico. E ciò costituisce una sfida intellettuale, morale e politica di grande sostanza.

Gli avvertimenti riguardanti i falsi limiti producono un danno doppio. Da una parte discreditano la percezione dei limiti reali, spuntando un utensile intellettuale indispensabile alla comprensione efficace del nostro futuro. Ma dall'altra, peggio ancora, questi allarmi distolgono l'attenzione dai nostri problemi autentici. Nel mondo occidentale c'è una vivida tradizione politica che alimenta la diffidenza verso la tecnologia. Estendere un atteggiamento che in primo luogo disciplina lo scetticismo per mezzo della verifica sperimentale della tecnologia, confrontandola con realtà effettiva e quindi scegliendo strategie funzionanti per guidare il cambiamento, può contribuire fortemente alla sopravvivenza della vita e della civiltà. Ma l'insieme di persone preoccupate della tecnologia e del futuro è una risorsa limitata. Il mondo non può permettersi il lusso di disperdere i propri sforzi in futili campagne per spazzare indietro la marea globale della tecnologia con la stretta ramazza dei movimenti occidentali di protesta. I problemi all'orizzonte richiedono strategie molto più raffinate.

Nessuno può tuttavia dire per certo quali problemi si dimostreranno essere i più importanti, o quali strategie si dimostreranno essere le migliori per risolverli. Tuttavia, possiamo già vedere nuovi problemi di grande importanza, e possiamo selezionare strategie che paiono promettenti in misura variabile. In breve, possiamo vedere il futuro quanto basta per individuare gli obiettivi che vale la pena di perseguire.


Parte terza: Pericoli e Speranze

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Postfazioni, Glossario, Note e Bibliografia



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