New Alexandria

La ciberbiblioteca universale è il seme per una futura rivoluzione cognitiva di massa

Di Carlo A. Pelanda

New Alexandria. Potrebbe essere il nome del progetto, avviato da Google, di creare su Internet una biblioteca universale che renda accessibile tutto lo scibile umano organizzato in forma scritta.

Il rinascere della biblioteca di Alessandria ha creato un’eccitazione neoellenistica nel circuito di think tank che questa rubrica frequenta. Con imbarazzanti interruzioni dei lavori normali. Per esempio, si era in teleconferenza globale per calibrare lo scenario, tra l’altro pagato una fortuna dal committente, relativo ai valori futuri della matrice dollaro-yen-euro-yuan, quando è arrivata la notizia che Google aveva trovato l’accordo con importanti biblioteche universitarie, tra cui Stanford, per scannerizzare i libri in modo da renderli consultabili elettronicamente. Non c’è stato modo di tenere i ricercatori sul tema: “scenarizziamo cose più importanti e hot”. New Alexandria, appunto.

Poi un putiferio di idee su cui ci si è scannati per ore. Cosa è lo scibile e quale il valore di un accesso più efficiente ad esso?

Posizioni in conflitto. Direzionalista: lo scibile non è necessariamente contenuto nei testi, ma nella possibilità di capirne i significati. Quindi alla costruzione della biblioteca base deve corrispondere un sistema di mediatori - gli Alex, sistemi di intelligenza artificiale - che aiutino l’utente a estrarre ed organizzare il succo dei libri. In caso contrario l’accesso di massa alla lettura, oltre che fallire, non diventerebbe diffusione di “vera” conoscenza. Libertari e bibloecologisti: ognuno si faccia da solo il proprio agente interpretativo e di selezione degli interessi, la biblioteca dovrà essere solo sufficientemente ampia per sostenere una crescente varietà di interpretazioni ed usi senza predefinirli. Tormentone. Interrotto da un giapponese che, misurando a volo in gigabyte lo scibile, mostrò che i libri potevano essere contenuti in un solo (bio)chip, impiantabile nel cervello o ad esso connettibile. E, per rendere l’idea, inventò sul momento un ideogramma che combinava un testo, tante singolarità intepretative ed evoluzione a varietà infinita dei significati. Ma tale immagine ipersintetica scatenò un'altra discussione: i testi elettronici vanno tradotti in linguaggi supercompressi, tipo “(v)ideogrammi neuroconnessi”, per adattarli ad una lettura istantanea e diretta della mente o lasciati in stringhe semantiche sequenziali?

Ma alla fine tutti d’accordo sul macroscenario: un qualsiasi statuto di segni simboli ed operazioni che impacchetti lo scibile comunque definito sarà certamente leva per una rivoluzione cognitiva di massa: homo biblosapiens, grazie Google.

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La versione originale dell'articolo, sul sito di Carlo A. Pelanda (originariamente pubblicato su )

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