Per i frettolosi la biorivoluzione è post-umana, ma per i neoilluministi è umanissima.

Di Carlo A. Pelanda

La biorivoluzione è sempre più trattata sulla grande stampa. E’ prevedibile, quindi, che  diventerà argomento di massa e, per questo, tema politico di crescente centralità. Infatti si stanno formando un partito globale dei futurizzanti, di cui queste righe sono traccia militante, contrapposto a quello degli ecoconservatori.

I primi sono fautori di modifiche profonde della base naturale come strumento concreto di salvazione, i secondi ostili, chi per poca fiducia nella tecnologia chi per motivi religiosi. Che emergano due campi divisi dal biolimes è fatto positivo. Il loro confronto permetterà di incanalare lo biorivoluzione entro istituzioni di compromesso che la proteggano sia da sperimentalismi irriflessivi sia da proibizionismi. Ma nei libri a larga diffusione, giornali e film prevalgono immagini biodemonizzanti non ribattute da argomentazioni razionali, mentre nei laboratori si producono tecnologie di neoantropogenesi non controllate dai requisiti di rassicurazione sociale. Tale sbilanciamento mette a rischio la biofuturizzazione. Sta passando dalla fase teorica a quella delle applicazioni e la mancanza di consenso potrebbe definanziarla o farla migrare in luoghi sregolati o clandestini dove cadrebbe nel lato oscuro della Forza.

Questa rubrica ha ipotizzato tempo fa che sarebbe bastato parlarne di più per favorirne uno sviluppo equilibrato. Ma ora che finalmente se ne parla emerge un problema non ben visto prima. Il grande pubblico e molti intellettuali non riescono ad immaginare un futuro dove le basi naturali saranno state mutate. Così viene chiamato “post” umano e diventa automaticamente “anti”, per esempio nelle pagine di Francis Fukuyama. Più buffi sono i tanti che si interrogano su cosa farà un uomo a 150 anni. La posizione futurizzante è: intanto portiamolo lì e poi sceglierà lui. In realtà l’allungamento della vita e l’abolizione delle malattie non sono discontinuità storiche, anzi. Si troveranno in perfetta continuità con l’evoluzione orientata dal desiderio di progresso inteso come liberazione da ecovincoli degradanti  (preda, mali e morte). E’ da diecimila anni che ci stiamo postumanizzando, cioè cambiando la natura ed i corpi, ma non lo spirito detto.

Come comunicarlo meglio? Chi può si ispiri davanti alla statua di Voltaire, al Louvre. La commissionarono nel 1770 d’Alembert, Diderot, Grimm, Helvétius, ecc., e vollero che il maestro fosse rappresentato nella gracilità dei suoi 76 anni: volto anziano, ma serenamente fiducioso. Per i vecchi illuministi voleva dire che lo spirito è superiore al corpo. Per i nuovi  che il primo resterà umano se il secondo lo sarà di meno.       

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La versione originale dell'articolo sul sito di Carlo A. Pelanda (originariamente pubblicato su )

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Esodestini: gli articoli futurizzanti di Carlo A. Pelanda



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