Dalla cultura della paura all'ideologia del progresso

Un articolo di Ronald Bailey, su Reason, si occupa della "cultura della paura" partendo da un libro appena pubblicato e arrivando ad un'altro, vecchio di vent'anni…


Il sintomo più vistoso della crescente avversione al rischio, nelle società occidentali, è la versione "forte" del principio di precauzione: un'innovazione è colpevole finchè dimostrata innocente - in caso di dubbi, si butti via il bambino insieme all'acqua sporca. Le società che adottano tale approccio, inevitabilmente rischiano la stagnazione tecnoscientifica ed economica. Frank Furedi, sociologo della Università del Kent (Gran Bretagna) identifica cinque ragioni profonde dietro ai nostri timori, nel suo "Culture of Fear" ("La politica della paura - oltre destra e sinistra"):

1) Il ritorno di superstizioni pre-moderne: ogni incidente nasconde una lezione da imparare. Nel Medio Evo la mano di Dio o del Diavolo erano viste dietro ogni sciagura. Oggi è l'intervento maligno di entità governative o commerciali.   

2) Siamo tutti vittime: non siamo più in grado di superare le avversità, di tornare alla vita normale dopo una sciagura, anzi, siamo incoraggiati ad assumere il ruolo di vittime a vita. Il problema è che "trattare la gente come vittime permanenti e preoccuparsi costantemente di possibili disgrazie future è una ricetta per la paralisi sociale ed economica."

3) Non si sa mai…: la vita di tutti i giorni è presentata come sempre più pericolosa. L'innovazione, come l'invenzione di un nuovo medicinale, di una nuova sostanza chimica, di una nuova forma di energia, viene presentata come un qualcosa le cui conseguenze sono misteriose, irreversibili e potenzialmente catastrofiche. Concentrandoci su teorici "worst case scenarios" (le peggiori delle ipotesi), perdiamo la capacità culturale di gestire il rischio.

4) La sicurezza come principio etico: la sicurezza pratica è un ovviamente un bene, ma oggi la sicurezza in sé viene innalzata a bene massimo, a dovere morale. Portando il bambino a scuola, Furedi si sente dire: "Non si preoccupi, la nostra priorità numero uno è la sicurezza di suo figlio" a cui risponde: "Speravo che fosse l'insegnarli a leggere, scrivere e far di conto…"

5) Siamo tutti deboli e vulnerabili: e siamo quindi tutti a rischio di dipendenza (droghe, alcol, sesso, shopping… la lista si allunga ogni giorno). Il concetto di autonomia individuale si và diluendo. Di conseguenza, sempre più gruppi sono rappresentati come deboli e "vulnerabili" (donne, bambini, minoranze etniche).

Nonostante queste tendenze, le società avanzate riescono ancora a produrre innovazione e a prendere rischi in maniera positiva. Ma sul piano culturale, la battaglia sembra persa:Furedi cita come esempio gli spot pubblicitari, tutti cieli blu e bambini su prati in fiore... Nell'attuale clima culturale, un'azienda semplicemente non può permettersi di esporre apertamente la propria realtà di organizzazione creatrice di prodotti e fornitrice di servizi a scopo di lucro - non è politicamente corretto. Per non parlare del prendere rischi calcolati, oggi considerato quasi allo stesso livello della pedofilia.

La diagnosi di Furedi, commenta Bailey, è accurata, ma "Culture of Fear" non offre soluzioni per sfuggire alla "cultura della paura". Per questo, invece, Baily ritorna ad un libro pubblicato nel 1982, "The Coming Boom", di Herman Kahn, in cui l'autore sostiene la necessità di ricreare una "ideologia del progresso".

Un breve estratto: "…due su tre cittadini americani, in un recente sondaggio, hanno dichiarato che si aspettano che i loro nipoti avranno un tenore di vita più basso del loro, cioè hanno la visione del futuro che viene insegnata nel nostro sistema scolastico. Praticamente a ogni bambino viene insegnato che stiamo esaurendo le risorse naturali, che stiamo sottraendo risorse alle generazioni future, che dilapidiamo queste scarse, insostibuibili o non-rinnovabili risorse in maniera frivola, che stiamo colpevolmente inquinando l'ambiente senza controlli, che stiamo irreversibilmente danneggiando l'ecologia del pianeta, che produciamo e consumiamo cibi che provocano tumori e altre malattie, solo per fare soldi. Non saprei descrivere un contesto educativo più immorale e insalubre, ogni elemento del quale è sostanzialmente incorretto, presentato in maniera tendenziosa, gonfiato, o semplicemente sbagliato. Tutto ciò è insegnato nelle nostre scuole, è accettato da molti cittadini americani ed è una ricetta per lo sconforto, il rialzo dei prezzi e un alto livello di (inutile) regolamentazione."

Baily conclude constatando che nonostante il boom ecomico previsto da Khan si sia poi realizzato, le classi intellettuali rimasero e rimangono succubi di un'ideologia anti-progresso che è tutt'oggi un freno all'innovazione scientifica, tecnologica e sociale.


---


Culture of Fear. Dealing with cultural panic attacks, by Ronald Bailey (Reason)

Politics Of Fear: Beyond Left And Right, by Frank Furedi

The Coming Boom. Economic, Political, and Social, di Herman Kahn



Estropico