Razzi, velieri e nanorobot
di Fabio Albertario
(originariamente pubblicato su L'Eco)

I premi tesi ad incoraggiare il progresso tecnoscientifico contribuiscono da secoli allo sviluppo in settori cruciali. Oggi tocca alla nanotecnologia.

La storia della prima navicella spaziale costruita da privati che abbia raggiunto l'orbita terrestre è cronaca recente: il 4 ottobre 2004, il team di SpaceShipOne si è aggiudicato i dieci milioni di dollari dell'Ansari X Prize superando la barriera dei 100 kilometri di altitudine. La tradizione dei premi tesi ad incoraggiare lo sviluppo tecnoscientifico, però, è molto più antica. Nel 1714, il Parlamento inglese approvò il "Longitude Act", istituendo così un premio di 20.000 sterline (l'equivalente di due milioni e mezzo di dollari attuali) per chi trovasse una soluzione al problema di ogni capitano di marina di allora: come stabilire con accuratezza la propria longitudine. Il vincitore fu l'orologiaio John Harrison, il quale costruì un cronometro in grado di funzionare in maniera costante nelle difficili condizioni tipiche di un veliero del diciottesimo secolo. Misurando la differenza fra l'ora di Greenwich (misurata dall'orologio di Harrison) e l'ora locale (stabilita in base alla posizione del sole) divenne possibile calcolare la propria longitudine con sufficiente precisione. Un altro premio contribuì allo sviluppo di un settore che ormai diamo per scontato, ma che ottant'anni fa era ancora agli albori: l'aviazione. Infatti, compiendo la prima attraversata atlantica da New York a Parigi, nel 1927, Charles Lindberg si aggiudicò i 25.000 dollari del Premio Orteg, istituito appunto per incoraggiare tale impresa. In tempi più recenti, il premio Nobel per la fisica Richard Feynman (1918-1988), offrí di tasca propria un premio di mille dollari alla prima persona che riuscisse a scrivere un testo con caratteri venti volte più piccoli di quanto sia visibile a occhio nudo (scritta in questo modo, l'intera Enciclopedia Britannica potrebbere essere trascritta su una testa di spillo). Il premio fu vinto nel 1985, con l'utilizzo di macchinari per litografia a fascio elettronico e Feynman fu ben felice di consegnare il premio al vincitore, il quale, essendo uno studente, sarà stato ancor più felice per quei mille dollari.

Tornando ai nostri giorni, il no-profit americano Foresight Institute ha recentemente lanciato una sfida che continua questa storica tradizione con un premio teso ad incoraggiare il progresso nel campo delle nanotecnologie. E' previsto che il premio, inizialmente di 250.000 dollari, raggiungerà il milione nei prossimi anni e il concorso è dedicato proprio a Richard Feynman, il quale per primo accennò alla possibilità di costruire macchinari molecolari, in una presentazione intitolata "C'è un sacco di posto in fondo" tenuta nel 1959, anni prima che il termine nanotecnologia fosse inventato. Questo termine è oggi applicato, spesso un po' spregiudicatamente, a molti dei settori che operano nell'infinitesimamente piccolo, ma i promotori del "Feynman Grand Prize" intendono incoraggiare quella specifica branca della nanotecnologia che mira alla creazione di sistemi di "manifattura molecolare", cioè capaci di produrre strutture, sia micro che macro-scopiche, partendo dall'assemblaggio di singoli atomi e molecole. Si tratta del tipo di nanotecnologia che potrebbe avere l'impatto più significativo su industria, economia e vita di tutti i giorni e che aprirebbe la strada verso scenari al limite della fantascienza, come supercomputer delle dimensioni di una zolletta di zucchero e "nanorobot" capaci di intercettare e distruggere patogeni come e meglio dei fagociti. Stupefacenti potenzialità a parte, questa specifica nanotecnologia è anche quella ancora più lontana dalla realizzazione, mentre sono già presenti sul mercato i primi, relativamente semplici,  prodotti commerciali nanotecnologici. Per il momento, si tratta solo di "nanomateriali" come vernici con caratteristiche particolari dovute alla presenza di nanoparticelle. Questo è certamente uno sviluppo positivo in quanto attira interesse ed investimenti al settore, ma l'industria e le agenzie governative soffrono della tipica miopia che impedisce di investire in progetti di ricerca e sviluppo i cui risultati commerciali non siano dietro l'angolo. Ecco quindi l'idea del concorso, il cui ambizioso obiettivo è la creazione di un braccio nanorobotico in grado di assemblare strutture molecolari tramite il preciso posizionamento di singoli atomi e molecole, nonchè la creazione di un prototipo di nanocomputer. Per dare un'idea delle dimensioni di tali sistemi, si consideri che il braccio nanorobotico dovrà poter essere rinchiuso in un ipotetico cubo di 100 nanometri per lato e il nanocomputer in uno di 50 nanometri (un nanometro è la milionesima parte di un millimetro). Entrambi i progetti sono "proof-of-concept", cioe' rudimentali dimostrazioni pratiche della possibilità di un qualcosa che, fino ad ora, esiste solo in forma di simulazione nei computer di tecnovisionari come Robert Freitas, lo scienziato americano che da anni si dedica all'ingegneria esplorativa, cioé la disciplina che studia i principi del funzionamento di macchine che non è ancora possibile realizzare. Esempi dei progetti di Freitas sono la progettazione di apparati "nanomedici" come globuli rossi e fagociti artificiali che rivoluzionerebbero la medicina più di quanto abbiano fatto antibiotici e anestetici.

Molti sono gli ostacoli ancora da superare prima che i complessi sistemi nanotecnologici sognati da Freitas e altri siano realizzati, ma sia gli esperimenti di laboratorio che le simulazioni su computer continuano a dare promettenti risultati e, fatto ancor più incoraggiante, nessuno ha finora dimostrato l'esistenza di barriere insormontabili al progetto nanotecnologico. Inoltre gli incentivi economici alla ricerca e sviluppo nel settore dei namomateriali sono ormai enormi. Il problema è che ciò non è ancora il caso per il molto più promettente, ma anche molto più distante, settore della manifattura molecolare: come ha commentato K. Eric Drexler, pioniere del settore e fondatore del Foresight Institute, "la ricompensa per coloro che svilupperanno queste tecnologie, sarà molto più grande del nostro premio", ma fino a quando industriali e ricercatori non se ne renderanno pienamente conto, probabilmente con una decina d'anni di ritardo sui tecnovisionari, avremo ancora bisogno dei premi per lo sviluppo tecnoscientifico e della loro secolare tradizione.

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La sezione dedicata al Feynman Grand Prize, sul sito del Foresight Institute



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